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Fluxus – Non Si Sa Dove Mettersi

2018 - autoproduzione
noise rock

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Tracklist

1. Nei secoli fedeli
2. Licenziami
3. Ma ero già indietro
4. Ami gli oggetti
5. Prescrivimi qualcosa
6. La decima vittima
7. Mi sveglio e sono stanco
8. Gli schiavi felici
9. Bianca materia
10. Datemi il nulla
11. Alieni per la strada


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In un’intervista di cinque anni fa i Fluxus mi dissero: “Non dobbiamo tornare, siamo sempre qua che facciamo quello che riusciamo e che ci interessa e ci piace.” Oggi “Non Si Sa Dove Mettersi” è la conferma di questa massima.

I Fluxus e le loro parole sono sempre stati qui, sono sempre stati tangibili, sono sempre stati attuali erano avanti anche quando “erano già indietro”. Quando la pelle brucia troppo e l’urgenza chiede il suo tributo di aria e sangue viene il momento di aprire un altro solco nella pelle insensibile di un Paese immobile e loro si incuneano in una fessura di cui ci siamo accorti, ma che non riuscivamo a focalizzare, come fanno i veri antagonisti che poi sono i veri assenti di questo reticolo di artisti o pseudo-tali che sbucano da ogni anfratto.

L’universo ultra-elettrico della band si è espanso per quattro album e in questi sedici anni non ha fatto altro che condensarsi in un unico punto incandescente per poi deflagrare e creare undici splendidi satelliti da ascoltare muoversi in un cosmo sordo e vacuo. Le chitarre tornano a tuonare su cieli stinti, tagliano ed ottundono e lasciano stesi a terra boccheggianti, la voce è ancora onnipresente e vive in bilico tra grida e disgusto morbido e ammorbante. Spinge, stride, si distende e divelge.

Mefistofele si veste da punk mentre Ma ero già indietro porta il contachilometri alla velocità giusta per poter guardare in faccia la retromania a bordo di un’astronave arrugginita in picchiata perenne mentre sottocoperta un interfono sbraita “Io non rinuncio a niente / sono le cose che rinunciano a me”. Il sabba urbano di Nei secoli fedeli raschia la pelle mentre tutto si disgrega attorno in uno scenario in aperture melodiche/ipnotiche che non provano pietà per alcuno.

Riff che ingurgitano metallo viscoso si snodano come serpi adamantine in Licenziami e il verso dell’infausta bestia è una dichiarazione di guerra senza armi mentre i legacci stringono le braccia ad una sedia nel bel mezzo di una stanza le cui pareti trasudano sangue che sgocciola incessante sulla testa di un bersaglio drogato da realtà virtuali autoinflitte, colpito al basso ventre dalla sontuosa sfuriata di Ami gli oggetti (“Guardi immagini che raccontano il nulla / dormi senza sogni, mangi senza sale / ami gli oggetti, usi le persone / vivi in una casa disabitata da te”). Prescrivimi qualcosa è il preludio alla fine di un personalissimo mondo interiore e accelera fino a fermarsi e il piombo a sei corde cola per tutto l’esofago e si scalda su ritmiche serrate come i denti di chi sta per implodere.

Poi lo spartiacque alla deriva, il giro di boa in cui il mare è calmo e piatto ma riflette il grigio acido di un cielo malato ne La decima vittima ed è un declivio di onirica realtà trucida. Neanche il tempo di prendere fiato ed ecco che l’ottovolante torna a gridare nel vento esattamente come Franz sbraita nel microfono e sorvola le presse idrauliche di Gli schiavi felici che sferzano le promesse infrante di pace e giustizia su cui qualche stronzo ha cagato pensando di passarla liscia.

Mi sveglio e sono stanco guarda negli occhi sulfurei del giovane spettro di Steve Albini mentre Bianca materia è un corazzato post-atomico che passa e non lascia nulla dietro e dentro mentre il vento fischia e crea melodie d’altri mondi che riflettono il nostro allo sbando. Alieni per la strada e Datemi il nulla fanno piazza pulita di chi è rimasto in piedi: la prima sotto forma di Titano il cui disgusto è un crescendo, la seconda sfreccia e uccide.

Ci sono album che si possono descrivere tralasciando qualcosa e poi c’è “Non Si Sa Dove Mettersi” e qua la faccenda si fa deliziosamente complicata. Ogni singolo passaggio è importante, ogni brano è un capitolo essenziale, ogni riff e ogni stomp ritmico è lì dove deve stare ed è imprescindibile e rende necessario soffermarsi e assimilare tutto, avidamente. Ci sono volte in cui mettersi il casco non basta per non farsi male.

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