Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Joe Perry – Sweetzerland Manifesto

2018 - Roman Records
rock

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Rumble In The Jungle
2. I’ll Do Happiness (feat. Terry Reid)
3. Aye, Aye, Aye (feat. Robin Zander)
4. I Wanna Roll (feat. David Johansen)
5. Sick & Tired (featuring Terry Reid)
6. Haberdasher Blues (feat. David Johansen)
7. Spanish Sushi
8. Eve Of Destruction
9. I’m Going Crazy (feat. David Johansen)
10. Won’t Let Me Go (feat. Terry Reid)


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Quest’anno la fine del carnevale coincide con il mercoledì delle ceneri: e proprio dalle presunte ceneri di un gruppo come gli Aerosmith l’ultrasessantenne Joe Perry se ne esce con il suo ultimo lavoro solista.

Prodotto da Johnny Depp, suo amico e chitarrista nel supergruppo Hollywood Vampires, “Sweetzerland Manifesto” è un album blues che ostenta l’estrema libertà della quale gode un artista che ha calcato un numero incalcolabile di palchi nella sua carriera. Poco sappiamo di quello che possa frullare nella testa di quest’ultimo, quello che è certo sono le influenze che lo hanno portato alla composizione di questo album.

La “rissa nella giungla” (Rumble In The Jungle) è il funereo inizio, perfettamente concatenato alla traccia seguente, che vede alla voce un Terry Reid e un incedere che strizza l’occhio all’hard rock degli anni ‘70 (e altri gruppi ben più recenti). Aye, Aye, Aye è il primo singolo: anche questo pezzo richiama gli anni d’oro del rock, purtroppo però con scarso mordente; si salva comunque la voce di Robin Zander, cantante dei Cheap Trick.

Quello che si può dire circa la quarta traccia, la quale vede il primo dei tre featuring con David Johansen, è che sia un lamento country contornato da chitarre e cori soul in piena regola: grazie Joe, ma potevi anche evitare. Terry Reid ritorna in cabina e il risultato è soddisfacente, Sick & Tired è il singolo che avrei preferito, il basso mono riff e una batteria dal groove trascinante ricordano da vicino i Jane’s Addiction.

Il cantante dei New York Dolls sfrutta al meglio la sua voce nel pezzo seguente, Haberdasher Blues, che sembra cucita su misura dalle liriche di Perry: il risultato è una bella canzone di B.B. King cantata da un bianco. In Spanish Sushi sono le chitarre a parlare, melodiche e scattanti, accompagnate da un’organo prog che ricorda molto i Rush. È l’unica traccia in cui subito l’autore si trasfigura nelle sei corde che lo hanno reso famoso per le ballad del suo gruppo: ora si che ci siamo!

Godendo della totale libertà sopracitata Joe si permette di dar voce alla sola cover presente nell’album, Eve Of Destruction di Barry McGuire. Il risultato è una batteria (suonata da in questo caso da Johnny Depp) che ha le sonorità di una malinconica marcia di guerra, ma al servizio di intenzioni opposte. Il testo infatti parla di paura e di incertezza, la voce lontana di Perry ben si coniuga sia con la versione originale, sia con la cover che avrebbe potuto interpretare anche Beck.

La penultima canzone dell’album può rappresentare quasi uno sberleffo ai “tempi andati” con Steven Tyler, che può solo assistere a un David Johansen in gran spolvero, contornato da una straripante armonica. Chiude i giochi Terry Reid nei panni di Bruce Dickinson per una traccia barocca dagli assoli epici e solidi.

Insomma, per quanto l’album non aggiunga niente di nuovo al panorama musicale contemporaneo, sono sicuro che Joe con gli altri si sia divertito nelle riprese delle dieci tracce che lo compongono; tanto basta per sapere che sarebbe ancora pronto per scrivere nuove canzoni con il gruppo che l’ha reso il gran chitarrista che è.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni