Dopo due minuti si ha chiara una cosa: i Cara Calma sanno cosa vogliono, sanno come farlo e si fanno ben pochi problemi ad andare oltre ciò che potrebbe piacere all’attuale (sigh) pubblico italiano.
Aprono con uno sfogo per ricordare che essere belli e puliti può anche far stare bene, ma l’affezione al fango non è da sottovalutare. Passano tra pezzi incattiviti da chitarre ben spese e batteria a ritmo spinto, sostenuti da qualche aiuto esterno (Ambra Marie, Gianluca Bartolo, Nicola Manzan) ma senza averne davvero bisogno, incalzati più da una voglia di fare musica che altro.
Ci infilano qualche regressione punk, qualche scorcio grunge, una simil-ballata per rilassare l’aria a metà disco, tutto basato su testi scritti splendidamente, con una capacità ed una sapienza che riescono ad esprimere una rabbia sana senza degenerare nella futilità.
Sono tanto Ministri dei vecchi tempi, di quando Abituarsi alla Fine era il punto di maggior avvicinamento al pop: le schitarrate e i ritmi sono i loro, la voce è molto simile (per caso, probabilmente) e la capacità di scrivere testi carichi di significato che rimangono in una sottocultura a metà tra lo sporco e la violenza.
Sono tanto FASK, incazzati e urlati senza stare tanto a chiedersi se possa essere una buona idea: “E più mi spezzi più io rimango / E più mi sporchi più io mi affeziono al fango” sembra abbastanza per avvicinarli ai perugini, sebbene la distanza musicale sia molto evidente.
Un lavoro monumentale, rock davvero.