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Universal Sex Arena – Abdita

2018 - La Tempesta International / Kowloon
psych rock / alternative

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Tracklist

1. Secret People
2. The Time Parlour
3. Horizon Of Barking Dogs
4. Radical Leather
5. One Three
6. Alongshore The River
7. Like Home
8. Easy Beast
9. In Palermo You Can't Have Me
10. Meridiem
11. Aetna
12. Momentum


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“Questo viaggio porta ad incontrare popoli, paesaggi e musica che accolgono, mettono in pericolo, iniziano a nuovi stili di vita.La contemplazione della vita diventa l’otium perfetto: l’amore, la natura, il tempo (la danza, la musica e il ritmo della vita).”

Il concetto dell’esplorazione – introspettiva o meno – è un tema assai ricorrente nell’arte, enfatizzato maggiormente nella scrittura. Quando poi alle parole viene dato ulteriore spessore tramite l’arte sonora, si creano interi concept (più o meno lineari e concreti) sull’argomento ed il gioco comincia a diventare potenzialmente ancora più stimolante ed appassionante.

Dopo l’ottimo e positivamente inconsueto “Romancitysm“, in cui si esplorava la città intesa come vera e propria figura genitrice, capace quindi di generare la vita, gli Universal Sex Arena, passati ben quattro anni, ci regalano un nuovo lavoro sempre più fuori dai canoni. 

“Abdita” – questo il suo titolo – trasuda prima di tutto ritmo, e le immagini che spesso vanno creandosi nell’ascolto raffigurano orizzonti gagliardi in buona parte dei suoi dodici movimenti, filtrando una musicalità spiccatamente psicotica attraverso lucenti raggi di sensuali gestualità, spesso da balere bellamente fantasticate. Gli strumenti musicali diventano improvvisamente ali, le corde vocali mutano in diapositive d’epoca e l’intera formula travolge l’ascoltatore, viaggiando e dischiudendo luoghi con l’aiuto dell’estro della band.

Un’esplosiva accoppiata di batteria (ottima la prestazione offerta dietro le pelli dal talentuoso Luca Ferrari  dei Verdena in ben tre brani) e chitarra saluta il pubblico; subito dai primi secondi giungono forti sfumature di polka e quelle mura in cui l’album viene registrato velocemente si sgretolano in favore di un ampio respiro internazionale. Inevitabilmente giunge la forte sensazione di star ascoltando una band tutt’altro che nostrana. Oltre ad aprire l’album, Secret People ci conforta e conferma – semmai fosse necessario – la peculiare voce di Nicola Stefanato (in arte Voiture Tempo), che pienamente padroneggiata si leva in alto nei momenti più concitati e spesso rivaleggerà con gli strumenti per quanto concerne le insolite soluzioni sonore, intrattenendo e mai stancando anche con ripetizioni di parole, dilettandosi in piccoli giochi vocali e differenziandosi spesso dal normale cantato.

La percezione di venir catapultati in situazioni dalle molteplici sfaccettature prosegue con la vigorosa The Time Parlour, subito ci si concretizza tra gli astanti di una feroce corrida; ancora quindi differenti atmosfere ma sempre con il medesimo plauso ad ogni componente della band. Non hanno poi il timore di sperimentalismi più o meno mirati ad inquietare i nostri Universal Sex Arena, che danno infatti vita ad un’altra piccola gemma nella loro discografia con l’ottimo singolo Horizon Of Barking Dogs, che riesce ad esser la chimera che molti artisti invano provano spesso a scrivere: destabilizzante, davvero sinistra, ma al contempo estremamente melodica e molto adeguata a rimanere impressa dopo l’ascolto, ritrovandosi spesso a canticchiarla quasi incosciamente.

La sospensione dell’incredulità pian piano s’infiltra in noi, ottenebra le sensazioni più concrete e con un sorriso ci inoltriamo nella parte centrale di “Abdita” senza ricercare ormai nessuna distinzione fra realtà o finzione. La notturna e suadente Radical Leather ci provoca e lentamente prepara a librarci in altitudini meravigliose ed inumane con – per me vero capolavoro dell’album – la spaziale e superba One Three. Cosmico nel suo incedere, il brano innalza ulteriormente l’asticella della qualità generale con la atmosfera rarefatta e rappresenta la chiara eccellenza a cui la band può, deve ambire e perseguire nel futuro. Con la seguente Alongshore The River ci si ritrova a chiederci non più Dove, quanto piuttosto Come si sia arrivati a riesumare questi incubi sotto l’effetto di un qualche acido malamente salito e vissuto nel pieno del momento più folle di “Abdita“, psichedelia totalmente promossa. Non avrebbe poi di certo sfigurato nelle discoteche anni ’80 di un certo livello Like Home, la traccia probabilmente più orecchiabile. Il nostro vocalist si adatta bene al contesto, e quasi diviene tangibile la nostalgia di un’epoca sempre più lontana e meno nitida.

A conti fatti, lasciandosi trasportare anche solo dalla prima metà dell’album, i supporter più speranzosi della scena musicale italiana si potranno finalmente lasciar scappare un risolino compiaciuto, tant’è l’enorme quantità di eccellente materiale. Strabordanti d’inesauribile fecondità artistica, gli Universal Sex Arena regalano però ancora almeno un’altro paio di ottimi ed intrepidi brani: la tagliente e quasi punkeggiante In Palermo You Can’t Have Me ed il nervosissimo flamenco della canzone di chiusura Momentum. Non posso infine esimermi dal complimentarmi per l’ottimo ed incredibilmente ragionato lavoro alle percussioni (Giovanni Beghetto) ed alla batteria (Edoardo Pellizzari e come già detto in precedenza Luca Ferrari).

Parlandovi in maniera schietta e sincera, un album italiano che si facesse riascoltare più volte a distanza di poco tempo era un qualcosa che sempre più spesso prendeva la forma di un miracolo; la sana voglia di produrre della musica e portarla in giro è l’ingrediente vincente degli Universal Sex Arena, il vero epicentro della riuscita di qualunque cosa si crei è infatti esattamente questo: creare per la voglia di divertirsi e divertire.

Promosso a pieni voti.

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