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Maisie – Maledette Rockstar

2018 - Snowdonia / La Zona Produzioni
pop / prog / sperimentale

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Tracklist

Benvenuti in paradiso
Maledette rockstar
Sono sempre i migliori che se ne vanno
Dio è morto
Madama Doré
Io sono una rockstar
Che fico!
Vincenzina e il call center (versione uguale)
Certe notti
Un programma politico sintetico inefficace ma divertente
Saggio breve di straordinaria sagacia
Siamo solo noi
Ammazza il corvaccio!
Aria
Folkpolitik (The Vittorio Sgarbi’s Torture Show)
Donna pesce
La canzone di Marinella
Ruderi e macerie #3
Wilma e il diavolo
Il ragazzo della via Adriano
Gesù
Porno nel liceo degli orrori
Ozzy ha un nuovo pantalone
Padre Pio Kung Fu master (Da PietrelCINA con furore)
Vincenzina e il call center (versione diversa)
Dottor Marchionne mi dispiace doverle comunicare…
L'atroce vendetta del nanetto Pingping
Hyperbaric Rendez-Vous
Morire a colazione
La ballata della leggerezza
War!


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Pesano come un macigno i 9 anni che sono trascorsi tra la pubblicazione di “Balera Metropolitana” e “Maledette Rockstar”, nuovo album dei Maisie che, per una serie infinita di sfortune, imprevisti, ripensamenti, vicissitudini umane e professionali – che raggrupperemo per comodità in un più ampio contenitore denominato vita – è il frutto di una gestazione fuori da ogni ragionevole concezione. Poco male: l’attesa rafforza il piacere, come si suol dire, e in un’epoca in cui quella parte della scena indipendente italiana che tende al pop si è riempita di una miriade di veloci progetti usa e getta, una tale produzione ragionata si potrebbe perfino interpretare come una forma di resistenza creativa allo stato dell’arte.

Il risultato non poteva essere che questo, un’opera abnorme, se possibile ancora più spigolosa e impegnativa del precedente “Balera Metropolitana”. 31 brani, due cd, una settantina (davvero) di ospiti e la sensazione di trovarsi di fronte ad un monumento controverso, difficile da comprendere a pieno. Il concept di base – la morte dei maestri in senso lato, siano essi le rockstar, ma anche politici, familiari, preti, amici e via dicendo – è solo un punto di partenza per l’ambiziosa mission del disco. I Maisie cercano di farsi reporter – pretestuosi e a tratti un po’ altezzosi – del sentimento popolare, di tutta una serie di malumori e malcostumi della nostra società assopita tra precariato, gentismo e pressapochismo culturale.

Ne esce un viaggio infinito, a tratti disorientante, in cui ogni tappa ha un carattere musicale diverso. C’è veramente di tutto in “Maledette Rockstar”: Cinzia La Fauci e Alberto Scotti pescano a piene mani da un universo incommensurabile, saltando a piè pari dalla canzone d’autore al rock da stadio, dalla drum’n’bass all’avanguardia più pura e spinta, passando per il prog-rock, l’elettronica il jazz-core e il combat folk di rivolta, Elio e le Storie Tese, gli Skiantos, Gaber, la Bertè, Vasco e Ligabue. Una macedonia multiforme e multisapore che strapazza da ogni dove la musica pop, la distrugge, la destruttura, la ricompone e la impacchetta in un sinistro presente che suona a tratti come una trappola per saggiare la tempra dell’ascoltatore.

Il problema è che questo kolossal dalle varie anime – che fluttua tra il dramma di Pasolini, l’horror di Bava e Fulci, la commedia all’italiana e il più grottesco dei cinepattoni – è, pur se suonato con una maestria fuori dal comune, in alcuni dei suoi episodi scarsamente incisivo, ricco di personaggi difficilmente memorabili, spesso collocati in un arco temporale che abbiamo superato quando non perfino dimenticato del tutto: “se non ci votate torna Silvio”, il nano Ping-Ping che torna dagli Inferi per vendicarsi atrocemente di Barbara d’Urso, i lavori per l’Expo, Marchionne, Alan Sorrenti (!!!) e la sua svolta pop, perfino quel continuo indugiare sui call center suonano tremendamente fuori tempo massimo.

Meglio, molto meglio, quando i nostri si dedicano a luoghi comuni immortali per definizione o a stelle inesauribili dell’universo nazional-popolare: Ligabue che divora quasi letteralmente il cuore di una fan (Certe Notti), un’amica di tal signora Marcella alle prese con il classico dilemma sulla dignità poetica del cantautorato di De André e colleghi (Sono Sempre I Migliori Che Se Ne Vanno), Gesù che si riscopre casellante (Gesù), Padre Pio che stende Matteo Messina Denaro a colpi di improbabile Kung-Fu (Padre Pio Kung-Fu Master) e un sempre immenso Pippo Franco rispolverato per l’occasione nella bella cover di Che Fico.

Stimolante ma faticoso, “Maledette Rockstar” è vittima dell’umana e comprensibilissima voglia di non gettare via nemmeno un secondo di un lavoro durato 9 lunghi anni, finendo però per gonfiarsi oltremisura ed implodere in una bolla di autoreferenzialità.

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