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Django Django – Marble Skies

2018 - Believe Music
art rock

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Tracklist

1. Marble Skies
2. Surfare to Air (feat. Self Esteem)
3. Champagne 
4. Tic Tac Toe 
5. Further 
6. Sundials 
7. Beam Me Up 
8. In Your Beat
9. Real Gone 
10. Fountains


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A sei anni dall’acclamato eponimo debutto e a tre dal positivo ma non pienamente soddisfacente Born Under Saturn, i Django Django tornano con Marble Skies, disco che rinnova ulteriormente il linguaggio pressoché unico del quartetto originario di Edimburgo e di stanza a Londra.

Nel 2012, i Django Django avevano messo d’accordo tutti con una mistura incredibilmente fluida di psych folk, art rock, atmosfere surf, tastiere elettroniche e voci retrò, finendo in più d’una classifica firmata della stampa di settore. Tre anni dopo, a David Maclean e soci spettava l’arduo compito di replicare uno dei debutti più apprezzati di quegli anni: sarebbe stato difficile per molti, in particolare per una band così naturalmente protesa alla sperimentazione e così ansiosa di non essere mai troppo simile a se stessa. In Born Under Saturn restavano evidenti gli stilemi di Django Django, ma il prodotto finale sembrava un po’ più piatto e meno urgente, almeno in relazione a quello con cui la band britannica si era presentata al grande pubblico. Non era affatto un cattivo disco (anzi), ma la sensazione che potessero fare di più era, ancora una volta, condivisa da gran parte dei fan della prima ora e degli addetti ai lavori.

Marble Skies era, dunque, una nuova grande occasione per compiere il definitivo salto di qualità e ottenere una consacrazione ampiamente alla portata. Nel caleidoscopio di influenze che caratterizzano il sound dei Django Django, l’elemento kraut ha sempre conservato un ruolo tutt’altro che marginale e, ancora una volta, qui è distintamente presente in diversi passaggi, al pari delle classiche allucinazioni elettroniche, delle suggestioni (neo)psych-folk e delle chitarre surf, oltre che di un continuo vagare nel tempo e nello spazio.

Uno dei principali punti di forza di Marble Skies è proprio la sua tendenza a vivere in perenne tensione fra grazia motorik (la titletrack in apertura, col suo ritornello adesivo) e tendenze d’oltreoceano, oltre che fra umori sixties e slanci più modernisti. L’incalzare percussivo e ipnotico del singolo Tic Tac Toe e quel (nemmeno troppo) sottile sentore di divertissement in In Your Beat richiamano alcuni episodi più datati della discografia del quartetto, mentre l’affascinante Surface To Air e soprattutto la chiosa (Fountains) sono ambientati in scenari vagamente onirici, a cui non eravamo davvero avvezzi.

Nel mezzo, i Django Django continuano a muoversi con l’aria di chi non vuole (o finge di non voler) prendersi troppo seriamente, costruendo pezzi rivestiti d’art rock ma anche potenzialmente pronti a un cambio di pelle in sede live, ambiente nel quale la band riesce a esprimere in maniera più evidente la sua anima danzereccia, interrompendo il naturale fluire dei brani con passaggi da clubbing purissimo. Marble Skies corre sui binari di un pop allucinato e alticcio in Champagne, si addentra in atmosfere più scure dai profumi timidamente orientali di Further e poi nel vortice magnetico di Beam Me Up, raggiungendo, però, i punti più alti nell’imprevedibile sottotesto disco-dance à la Moroder di Real Gone e nella deliziosa Sundials.

Il secondo tentativo è andato a buon fine: Marble Skies si attesta sui livelli di sei anni fa, dando la sensazione di avere ancora importanti margini di crescita con gli ascolti, date le sue mille sfaccettature. I Django Django non avevano mai scritto un disco così eclettico e così radioso, recuperando l’urgenza che sembrava calata e sintetizzando ancora, in maniera mirabile, inflessioni distanti fra loro. Tutto questo, come se non bastasse, con la disarmante naturalezza e il genuino entusiasmo di chi, nel mentre, sembra divertirsi e non poco.

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