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Niggaradio – Santi Diavuli e Brava Genti

2018 - DCave Records
etno / folk / elettronica / blues

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Tracklist

1. Unni Mi Femmu
2. Cammarera
3. U Diavulu
4. 'Nto Me Lettu
5. Santi In Paradisu
6. Elektromoaning
7. A Me Strada
8. A Processioni Da Madonna
9. Cu Si 'nnamura
10. I Me Stori
11. To Mama


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“La musica etnica, la contaminazione, l’ultimo rifugio dei vigliacchi”, cantava De Gregori. Non è ben chiaro con chi ce l’avesse, il cantautore romano, ma di certo la musica etnica, anche nota col tragico appellativo world music, da interessante veicolo di musiche altre e interessanti è diventato il calderone nel quale riversare qualsiasi progetto che possa lontanamente rifarsi a tradizioni musicali di qualche tipo, nascondendo con una passata di lucido carenza d’idee e di direzioni. Proprio per questo, quando le cose girano per il verso giusto e il lavoro è riuscito e centrato, la sorpresa è tanto più grande.

Santi Diavuli e Brava Genti” avrebbe tutto per essere caricato sul carrozzone: testi in dialetto, strumentazione tradizionale ed elettronica, uso del patrimonio musicale locale in combinazione con influenze straniere. Ma il risultato finale resiste alle etichette e brilla di freschezza, passione e perizia.

La pulce nell’orecchio intona di volta in volta questo o quell’altro richiamo, il che non fa, però, che riaffermare con maggiore insistenza il diritto dell’album a considerarsi autonomo e raro nel suo genere. Unni Mi Femmu è paradigmatica, in questo senso. C’è dentro di tutto: voce in siciliano, synth che richiamano i Lamb, ritmica e percussioni come macigni, tra jungle e trigger, bouzouki, perfino un marranzano. Senza andare troppo lontano, i nostri si rifanno certamente anche alla lezione degli Almamegretta, ma anziché (o almeno, non solo) attingere dal dub o dal trip-hop, mescolano il substrato locale con robuste iniezioni di blues, funky e soul. Materie sulle quali Vanessa Pappalardo ha allenato a lungo le corde vocali. D’altro canto, il sound massiccio e saturo di percussioni e tamburi, che deve tanto alla tammurriata come alle contaminazioni con la techno dei primi anni ’90 londinesi, deve tanto ai contributi di Peppe Scalia e Andrea Soggiu, rispettivamente batteria e basso e synth, con Daniele Grasso a unire e armonizzare il tutto.

Cammarera piacerebbe tanto al Beck di Hotwax; in Nto Me Lettu fanno capolino partiture che fanno pensare al tormentone Mundian To Bach Ke di Punjabi MC; Santi In Paradisu è trip-hop nei suoni ma blues nell’anima e, pur peccando forse di un arrangiamento anche eccessivamente ricco, è forte di un ritornello trascinante. All’inizio di I Me Stori interviene anche un beat di drum machine che strizza l’occhio alla trap, col pezzo che si dipana poi in uno stomp funky-soul più tradizionale. A risaltare, nel crogiuolo di influenze, sono i due elementi che maggiormente distinguono e definiscono il lavoro: il sound distorto ed esuberante di synth e batterie e il blues, vero filo conduttore che percorre da inizio a fine il lavoro. Pur se dopato a suon di riverberi, chorus e flanger, l’andamento, il ritmo, traggono indubbiamente spunto dal Delta: sostituite l’inglese al siciliano ed eccoci a scorrere lungo le sponde del Missisippi. In questo senso, l’idea di usare il dialetto è semplice ma efficace, per introdurre quel senso di suggestivo straniamento che riposiziona l’album su una diversa vertente. E che a veicolare i messaggi di comunità, empatia, energia e collaborazione che attraversano il disco sia un dialetto della periferia dell’impero è di per sé una chiara dichiarazione d’intenti. Storie di vita umile e quotidiana, di sofferenze spesso imposte da invisibili altri, di riti ancestrali per bisogni correnti, di viaggi, lotte e disperazioni. Vicende che aspirano all’universalità a partire dalla località della lingua in cui sono narrate, che è catanese ma potrebbe ugualmente essere tigrigno, oromo, uiguro o tagalog.

Tutte le idee in “Santi Diavuli e Brava Gentinon sono certo nuove: siamo ormai più che abituati a certe commistioni almeno da vent’anni a questa parte. Ciò non toglie che il disco è suonato molto bene, prodotto meglio e arrangiato superbamente, facendo dei NiggaRadio dei riferimenti per chiunque voglia intraprendere questa strada e andare oltre.

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