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Nanook Of The North – Nanook Of The North

2018 - Denovali Records
dark ambient

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Tracklist

1. Siulleq
2. Tulleq
3. Pingajoq
4. Sisamaat
5. Tallimaat
6. Arfernat
7. Arfineq-aappaat
8. Arfineq-pingajuat
9. Qulingiluaat
10. Qulingat


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Stefan Wesolowski e Piotr Kalinski – aka Hatti Vatti – sono i Nanook Of The North, due acclamati musicisti polacchi la cui fusione di ruoli compositivi si intreccia al sapiente uso di suoni acustici ed elettronici, in questo omonimo album di debutto con la Denovali Records.

I due hanno intrapreso un profondo viaggio sonico e concettuale attraverso il più glaciale nord. Il loro nome è frutto e furto dal documentario muto USA degli anni venti – il cui protagonista è un drammatico eschimese che, tra pelli di volpe e di orso polare, si diverte con il grammofono dell’uomo bianco. Incaricati di eseguire un’improvvisata colonna sonora per la proiezione dell’omonimo film, i due musicisti – desiderosi di coltivare l’essenza originaria del cortometraggio – si sono recati in Islanda, hanno registrato l’album e hanno fatto rientro in Groenlandia per la fase di missaggio.

Di quel che compete, si sono spartiti il bottino, a Stefan l’approccio classico con le parti di violino e pianoforte mentre a Piotr non resta che smazzare la più rude elettronica, il grosso dei synth e l’amalgama finale. A discapito del gelido ed espansivo isolamento catturato dal film, l’album è trasferibile nello scenario e nell’evocazione, omettendo del tutto il pericoloso fascino dei paesaggi distopici, così come la minaccia fantascientifica degli anni ’80.

I Nanook Of The North gestiscono e ordinano l’indisciplinata gamma di immagini, scenari e atmosfere che derivano dal film. Aprendosi con una finestra verso l’ignoto, tratteggiano un eroe sotterraneo in una scena annidata, impegnato a redimersi attraverso lente passeggiate notturne, trae linfa dall’umido di caverne e bilancia un umore che spazia dal più cupo presentimento, alla più severa rassegnazione, fino al gigantesco timore reverenziale che sembra suggerirgli una storia infinita.

Evocazioni strumentali di perdita e decadimento, tanto maestose nel complesso, da offuscare qualsiasi eco umano di inquietudine, spasimo o esultanza. Solo lente progressioni monumentali sullo sfondo di melodie raggrinzite, cascate metalliche sopra nenie lamentose di violino, in un percorso infausto di tonfi e ronzii, sotto una cappa nebulosa.

Tormentato da una continua minaccia risonante, Nanook è il paladino dell’entroterra artico che segue la sua rotta dai toni incurvati e appassiti, puntellata e percossa dall’affilato registro sintetico. È la sorpresa di un viaggio gelido e desolante tanto introspettivo quanto spirituale, travagliato quanto risolutivo, il cui lieto fine è la sola scoperta di come immediato e tattile sia il confine tra terra e cielo.

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