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Turnstile – Time And Space

2018 - Roadrunner
hardcore

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Tracklist

1. Real Thing
2. Big Smile
3. Generator
4. Bomb
5. I Don’t Wanna Be Blind
6. High Pressure
7. (Lost Another) Piece Of My World
8. Can’t Get Away
9. Moon
10. Come Back For More / H.O.Y.
11. Right To Be
12. Disco
13. Time + Space


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Sino a un annetto fa consideravo i Turnstile il solito gruppo yankee dedito al mosh più semplice e sfrenato, formato da ragazzini interessati al nuovo modello di Nike che si sbronzava con molto poco. Probabilmente non ci sono andato lontano, e soprattutto è una cosa che penso tuttora.

Tuttavia, “Time And Space”, uscito venerdì 23 febbraio 2018 su Roadrunner, è un capolavoro. Fatto e finito. È all’anagrafe il loro secondo long term playing, nonostante siano attivi dal 2010, e devo ammettere che il precedente “Nonstop Feeling” mi aveva lasciato l’amaro in bocca: giri troppo spezzati e voce troppo rock, senza una vera artigliata. Insomma, un album “less Death Threat e more War Hungry”, possiamo affermare.

Andando a spulciare gli EP che la band di Baltimora ha prodotto e soprattutto quelli usciti su Reaper ( etichetta di Terror e i loro concittadini Trapped Under Ice per intentenderci, un vero paradiso del DIY tamarro newyorchese), invece, la storia cambia. In un lasso di tempo più ristretto, i Turnstile hanno dato il meglio della loro carriera. Almeno sino a “Time And Space”, ovviamente. Generator, Bomb e Moon sono i tre pezzi più devastanti che abbiano mai scritto, e all’interno dell’album funzionano alla perfezione, molto più del singolo di lancio, Real Thing, forse un po’ troppo corto di ritornello, lungo di preparazione e in rotta di giri. Il culto dei cinque Turnstile per Righteous Jams, Cold World e Rival Mob non è mai stato un segreto, ma in Can’t Get Away e Right To Be, soprattutto, si passa oltra la semplice dedizione: esasperazione e sperimentazione, insistenza e coesione di suoni, sebbene l’intero “Time And Space” sia pervaso da atmosfere naïf e decadenti, che arrivano a sfiorare il folk, il rock e lo stoner.

Il giro di chitarra di Moon arriva, non ci sono dubbi, direttamente dagli scantinati in cui provavano i Soundgarden di Hands all over, mentre High Pressure inizia pestando pesante in puro New York style e divaga ben presto in una ritmata destrutturizzazione rock’n’roll e noise. Altre band che arrivano da Baltimora? Ruiner e Pulling Teeth spiccano grazie al loro impegno ed alle sonorità molto più punk che conferiscono ai pezzi che scrissero, senza ombra di dubbio, ma con i Turnstile la storia cambia: nei loro assoli hard-rock e nella loro attitudine sfacciata e insolente.

Ogni canzone è una sorpresa, ogni intro una frenetica attesa. Non si riesce a rimanere impassibili, nel tempo e nello spazio: si deve vivere il primo penetrando nel secondo, senza sosta, quasi insensibili e freddi.

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