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The Decemberists – I’ll Be Your Girl

2018 - Capitol Records
indie / rock / folk

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Tracklist

  1. Once in My Life
  2. Cutting Stones
  3. Severed
  4. Starwatcher
  5. Tripping Alone
  6. Your Ghost
  7. Everything is Awful
  8. Sucker’s Prayer
  9. We All Die Young
  10. Rusalka, Rusalka / Wild Rushes
  11. I’ll Be Your Girl

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Non sembra vero: finalmente, quattro anni dopo “What a Terrible World, What a Beautiful World”, i Decemberists sfornano l’ottavo disco solo due mesi dopo averlo annunciato, dopo averlo suonato a singhiozzo durante i loro ultimi live, senza vergogna e senza la pretesa di creare hype.

Tuttavia l’hype c’è stato e il tutto si è ridotto al ridondante quesito che aleggia sulle nuove uscite di ogni progetto di matrice folk-rock da un paio di anni a questa parte: “Ci sarà la svolta elettronica?”; ebbene la svolta non c’è stata e va bene così, perché, nonostante Colin Meloy non disdegni i synth e le influenze eccentriche di John Congleton, fresco di collaborazioni con gli Alvvays e i Suuns, si percepiscono ancora il carattere e il sapore che la band di Portland ha fin dal 2001.

Così, mentre ci si mette comodi e si preme play, si stappa una nuova bottiglia della stessa annata, fin dai primi sorsi si percepisce il corpo fermo e rotondo, le chitarre pulite e squillanti, le ritmiche decise, ma si percepisce quel retrogusto aromatico, le sfumature che sono frutto di un lavoro ispirato e indipendente, che non segue la moda pur trovando rifugio nella Capitol, che non vuole stupire, ma perfezionarsi e migliorare con il tempo; in questo modo i Decemberists alternano una scanzonata Everything Is Awful a potenziali hit catchy quali We All Die Young, in modo tutt’altro che spinto o artificiale, ma con una naturalezza insita non nuova a chi li conosce da tempo o li ha ascoltati dal vivo.

“I’ll Be your girl”, come lo stesso Meloy lo descrive, è un “apocalyptic dance party” raccontato da “psychedelic prophets”, spaziando fra temi ontologici con un pessimismo ironico, ridendo in faccia al tempo che passa e lasciandosi sedurre dalle sirene di Rusalka, Rusalka / The Wild Rushes, penultima eccezionale traccia di un album che non ha evidentemente bisogno di lustrini o pubblicità e che si dimostra una delle migliori produzioni di questo inizio anno.

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