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Discomostro – Mostroscopia

2018 - Professional Punkers
hardcore punk

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Tracklist

1. Ciao
2. Nossignore
3. Cenerentolo
4. Spargisale
5. Frullatore
6. Vermi
7. Oltre
8. Fieno
9. Aileen
10. Funeral


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Due anni dopo il loro debutto discografico, riecco i Discomostro. O meglio, il Discomostro. Escono ( o esce, dipende ), sempre su Professional Punkers, con un disco che si presenta naturalmente come la ovvia prosecuzione di “Mostrofonia”, ma che invece risulta averne assimilato i contenuti fondamentali per poi compiere un immenso passo avanti, attitudinale e musicale.

Mi spiego. In questi due anni, Discomostro ha suonato, e tanto. In posti grandi, in caverne, in baite, in palazzetti. Davanti a nessuno e davanti a folle, senza rimborso o con consumazioni illimitate da starci male. In tanti ci sono passati, ma in pochi ne hanno saputo trarre un reale vantaggio. Suonare un disco ai concerti, soprattutto il primo, ti porta a trasformare le canzoni che hai scritto e che stai promuovendo conformandole a ciò che vorresti fosse la struttura ideale di un pezzo. È così che, di solito, nasce un secondo disco.

Mostroscopia“, visto in questa ottica in fieri, è allora da considerarsi un lavoro perfetto. Come tempi, come numeri, come parti e come incombenze. Nessuno, in Italia, è capace di mischiare hardcore e rock’n’roll come loro, come il Discomostro. Perché spreme ciò che di essenziale esiste nel suonare punkrock e lo trasforma in un subbuglio musicale ancora più diretto ed estenuante, ancora più fervido e dissacrante.

Ciao è il singolo che gira da un paio di settimane, e nonostante l’innegabile presa dell’inizio, il punto più magico della canzone è il giro di basso che si interrompe prima di dare inizio all’ultimo ritornello. Apre il disco e spiana la strada a Nossignore, che corre che più veloce così non si può, davvero. Se fosse uscito negli Usa, questo “Mostroscopia” sarebbe uscito per la Deranged, che pensa i dischi al bancone di un bar sperduto nel Midwest o per la Lookout!, che pubblicava gli Avail e il loro modo di intendere il punk rock come una sofferenza rivelatrice, soprattutto dal palco.

Il merito più evidente del disco è senza dubbio quello di non far mai tornare l’ascoltatore a riassaporare il pezzo più carismatico e a prima vista più importante dell’intero lavoro, cosa che, ammetto, poteva succedere con “Mostrofonia” : ogni tanto si tornava a Hollywood per non perdere il contatto con la realtà e per non andare troppo fuori tema. Si aveva paura di osare troppo. Ora, invece, ogni brano ti tiene incollato senza lasciarti scampo, non si avverte più il bisogno di guinzagli e constrizioni: la cattività diviene essa stessa una condizione naturale per sopravvivere in un universo di frustrazione, dicotomie, speranze e nevrosi. Non si può pensare ad altro quando Spargisale imperversa con le sue azioni meccaniche, per esempio. E non si ha nostalgia di casa quando si percorre la strada di casa con Fieno, vero e proprio inno generazionale per chi abbia vissuto senza un attimo di tregua gli anni delle superiori. “Oggi sei come l’odore del fieno, come un’erba d’Amsterdam, come gli anni a scuola e i viaggi in treno con gli occhi viola.”

Mostroscopia è un disco molto descrittivo, che ti parla di paesaggi e azioni in modo moderno e proprio per questo nevrotico e ansioso. Descrive la realtà trasversalmente ma senza berciare giudizi, quasi come faceva Dostoevskij: racconta le città e la loro vita, dalle campagne alle periferie, le parti anatomiche, le strade, i lavori, le bottiglie, gli addii, concentrando in poche parole e pochi ritornelli la proiezione ideale della rabbia.

Non è però un disco “me vs them” come poteva esserlo, sotto alcuni punti di vista, troppo, “Mostrofonia“: “Mostroscopia” appare più disincantato, e ciò lo rende perciò più feroce e pungente. Non è un disco per divertirsi, no. Anche perché ci sono cose che non si possono comprare.

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