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Dylan Carlson – Conquistador

2018 - Sargent House
drone / psych folk

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Tracklist

1. Conquistador
2. When The Horses Are Shorn Of Their Hooves
3. And Then The Crows Descended
4. Scorpions In Their Mouths
5. Reaching The Fulf


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Dylan Carlson torna a guardare con il suo sguardo limpido, saggio e carico di polverosa elettricità al Meridiano di Sangue. La lunga scia di dolore radicato nella terra che emerse in “Hex: Or Printing In Infernal Method” degli Earth, a detta del suo creatore già ampiamente ispirato alla cupa dilatazione del male di Cormac McCarthy torna a tendere le sue scheletriche mani sulla chitarra del vero outsider di Seattle come se non si fosse mai spenta.

C’è tanto in questo “Conquistador” della dialettica storica di un Paese nato in una violenza che continua a reiterarsi trasformandosi di generazione in generazione in una degenerazione senza fine, come una spirale senza uscita né possibilità di redenzione. Come un pellegrino elettrico Carlson trova il suo modo di viaggiare attraverso il tempo e in qualche modo lo spazio fendendolo e ferendolo, forse ferendosi, di certo lasciando il segno su chi vuole seguirlo, ammaliato dalle trame del suo strumento che qui raggiunge un apice rugginoso libero dal giogo delle sue stesse creazioni, pur mantenendone un gradiente estremamente marcato.

Solo sì ma mai solitario perché il mastermind degli Earth ha dalla sua la saggezza di chi ha vissuto la musica in quante più forme possibili pur alterandola e spostandone l’asse un millimetro alla volta ma sempre grazie a chiunque gli fosse accanto. Nella sua carovana trova spazio quindi la chitarra disarmonicamente armonica di Emma Ruth Rundle e il tocco invisibile ma sempre presente della moglie Holly. A tracciare la strada quel Kurt Ballou che quando non gli viene richiesto di copiare paro paro il suo suono è in grado di far uscire suoni che in molti invidiano, da ogni latitudine e longitudine.

Oltre la parete distorsiva questo album è un coacervo senza fine di sentimenti contrastanti, un disco in cui tutti gli spazi sono impietosamente riempiti di rumore a colori stinti ma mai spenti. Tra lunghe cavalcate che sgomitano tra sensazioni black e roots contaminate epiche pene ad ampio respiro (Scorpions In Their Mouth) e droni country dal sapore mortifero con propaggini hexiane che si estendono senza fine (Conquistador), ferruginose mostrificanti devastazioni del noise più marcato ammantato di melodiosa beatitudine da fine del mondo conosciuto, quasi a delineare un piano sequenza volto a finire se non mai poco ci manca (Reaching The Gulf) Carlson delinea una freschezza e una rinnovata forza che dà la paga a tanti e ancora a tanti ne darà.

Non aspettatevi dunque che “Conquistador” sia un album drone in termini spicci. Lo è ma racchiude un mondo che canta all’unisono con gli spiriti di persone perdute nel tempo. Molto a sud di un sole che avvampa in un cielo color sabbia.

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