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The Ex – 27 Passports

2018 - Ex Records
punk / math rock

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Tracklist

1. Soon All Cities
2. The Heart Conductor
3. This Car Is My Guest
4. New Blank Document
5. Silent Waste
6. Piecemeal
7. Birth
8. Footfall
9. The Sitting Chins
10. Four Billion Tulip Bulbs


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We always start from zero when we make a new album. We enter the rehearsal room with a few loose ideas, a riff or a beat and see what happens. There is always the risk that it doesn’t work out. That risk is part of our music and of our lives.

Un caos calcolato. Un pot-pourri di spunti e invenzioni che sembra affidato al caso ma che nasconde invece un dosaggio misurato, un progetto studiato, un enorme lavoro in corso da quasi quarant’anni. Venticinque dischi dopo, gli Ex continuano a pagare tributo solo a sé stessi, mantenendo un’integrità artistica ammirevole. “27 Passports” è una tessera in più in un mosaico che rappresenta una storia più ampia, un dipinto di Bosch in cui l’omissione di un singolo personaggio depriva l’insieme della sua coerenza interna.

Arnold de Boer, primus inter pares da diversi anni dopo l’abbandono di G.W. Sok, sembra essere lì da sempre, pedina irrinunciabile e non più solo ricambio necessario. Terry Hessels, Katherina Bornefeld e Andy Moor tengono duro dal principio e il combo cala una scala reale di brani come al solito tosti e potenti. Rispetto al precedente “Catch My Shoe (vecchio di ormai sette anni), il modus operandi rimane più o meno lo stesso ma la dinamica si è spostata da una tendenza all’alternanza tra piano e forte, tra meditazione e festa, a una in cui i toni duri, graffianti sembrano prendere il sopravvento nella palette generale.

I crescendo inafferrabili sono sempre un marchio registrato, un divenire in cui ci si trova, non si sa come, a passare da un riff tenue, sottotraccia a saltare a perdifiato sotto palco. Come un organismo capace di autoassemblarsi e rigenerarsi, i brani seguono un filo conduttore che rimane uguale a sé stesso per tutto il tempo, ma intorno ad esso è un fiorire di rampicanti, chitarre che saltan fuori come funghi e il drumming della Bornefeld che si fa impercettibilmente più complesso. Fortunati, infatti, quelli che avranno modo di seguire la band in qualche data del tour, che promette di essere, come sempre, travolgente.

Soon All Cities intona una nota pensierosa, con accordi in minore a costruire un intreccio di tensione in cui i ristoranti, i locali, i monumenti, le città stesse cominceranno ad assomigliarsi tutte, in un inarrestabile vortice di omogeneizzazione. In parte ricorda Every Sixth Is Cracked nelle atmosfere, ma in una versione se possibile ancora più drammatica.

The Heart Conductor ci restituisce gli Ex più casinisti e saltimbanchi, con quel tipico andamento a battute da due quarti che ripetono instancabilmente lo stesso schema, salvo sorprendere con impensabili intrichi di chitarre. This Car Is My Guest potrebbe quasi essere degli Shellac, non fosse per le percussioni della Bornefeld e il canto su corde un po’ alla Byrne di De Boer, ma più cantilenante. New Blank Document è il primo tour de force da sette minuti, carichi e schiumanti come da manuale, una danza tribale che darà il suo meglio dal vivo. Uno dei pezzi più belli del lotto? Piecemeal, con quell’andamento sornione e minaccioso, quasi fosse una squadriglia precisa e ordinata, in formazione, che poi si scompiglia e si frammenta in mille direzioni.

Proteiformi e mutevoli, gli Ex non hanno mai in fondo smesso di sperimentare e rimettersi in gioco, mantenendo sempre un’attitudine giocosa e fancazzista. Un approccio che li ha portati a collaborare con artisti come il compianto Getatchew Mekuria, il collettivo Brass Unbound e Tom Cora, tra gli altri.

Chi li apprezza da sempre non mancherà di prendersi l’ennesima cotta per questo ‘27 Passports’; chi si è perso nella loro immensa discografia e non riesce ancora a coglierne il senso, qui ha un’altra splendida occasione per perdersi ancora.

Forward In All Directions!

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