Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Mien – Mien

2018 - Rocket Recordings
psych rock

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Earth Moon 
2. Black Habit 
3. (I'm Tired of) Western Shouting 
4. You Dreamt 
5. Other 
6. Hocus Pocus 
7. Ropes 
8. Echolalia 
9. Odessey 
10. Earth Moon (Reprise)


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Un super-gruppo formato da Alex Maas (The Black Angels), Tom Furse (The Horrors), Rishi Dhir (Elephant Stone) e John-Mark Lapham (The Earlies). Il primo incontro tra questi musicisti avviene nel 2004 quando Rishi Dhir incontra Alex Maas durante un concerto della sua ex-band, The Brian Jonestown Massacre.

Citati questi nom,i abbiamo un panorama completo non solo dei musicisti coinvolti ma anche dei generi esplorati, il tutto con un’attitudine psichedelica e orientaleggiante che dagli Stones passa a gruppi come Primal Scream e ancora i già citati Brian Jonestown Massacre. Se questa triade rientra nelle vostre preferenze, non c’è altro da aggiungere, gli elementi ci sono tutti, con alcuni richiami a contaminazioni con sonorità indiane sviluppate alla stessa maniera del Cornershop.

La qualità è assoluta, le sorprese sono invece poche, come se anche questo genere (o non genere) avesse trovato un suo standard. Un brano mid-tempo in apertura, Earth Moon, una divagazione kraut a seguire, Black Habit, lasciano spazio agli episodi più interessanti del lavoro, (I’m Tired Of Your) Western Shouting e l’ipnotica You Dreamt, dove emergono maggiori influenze elettroniche, campionamenti di world music, e spazi più dilatati. La succesiva Other è un drone di synth minimale di piacevole ascolto durante un live, ma nulla di così memorabile da meritare di essere inciso e pubblicato, ancora meno su supporto fisico.

Con Hocus Pocus il disco, strutturato come se fosse un vinile, riprende quota, con la sua bassline che sembra provenire dalle session di “Vanishing Point” dei Primal Scream, ma è anche uno sviluppo melodico interessante, una non-canzone degna di nota. Ritroviamo il sitar in Ropes, nella quale però il suo utilizzo è limitato a pochissime battute, quasi impossibile integrarlo in un vero brano occidentale, troppo instabile per sua natura, meglio i sample, ed il brano con il suo andamento ipnotico e circolare riesce ad essere personale ed originale.

Mien  complimenti anche per la scelta del nome, ovvero il termine cinese per definire i Ramen – è un esperimento riuscito, che può solo migliorare, visto che nato prevalentemente in studio da musicisti che vivono in diversi posti del mondo. Porta con sè i pregi e i difetti dei diversi gruppi in cui hanno militato i suoi membri e, alla maniera di The Brian Jonestown Massacre, propongono una musica basata più su un concept e un sound che non sul songwriting e sulla presenza di un frontman carismatico e testi incisivi. Unico limite, possibile che la parola “Screamadelic” possa diventare il termine per definire un nuovo genere?

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni