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Back In Time

Back In Time: NEUROSIS – Souls At Zero (1992)

Ustioni raccapriccianti e gelide distese infinite, lunghi piani sequenza che indugiano su foreste oscure e fiammeggianti e derelitti post-umani a metà tra John Ford e Stanley Kubrick musicati da Wagner e Stravinskij incastrati in un trip terrificante e senza fine. Questo sono sempre stati i Neurosis. Questa la sensazione che striscia su per le vene quando si mette sul piatto “Souls At Zero”.

All’infestata ditta KellyVon Till ci sono voluti cinque anni e due album – uno per Steve entrato nei ranghi nel precedente “The Word As Law” – per abbracciare una natura aliena a sé e a tutto il resto che li circondava. Nati come emanazione a parte di un hardcore diroccato e in forme multiple, già avulso a tutti gli altri in poche parole, i Neurosis trovano la propria strada incuneandosi in grotte antistanti costruzioni non umane pronti a dipingerle a propria immagine e somiglianza creando un distruttivo continuum di precisione e sangue nero brulicante di vermi meccanici, dando al mondo del metal tutto una nuova visione d’insieme che fino a quel momento era sconosciuta ai più ma che cominciava a chiedere di essere messa al mondo per liberare sulla Terra le propaggini di una creatura strabiliante.

Souls At Zero” è l’azzeramento della propria storia e il nuovo inizio in una luce di disgrazia circolare eppur cubica e composta da tenebre impossibili da dissipare. Chitarre che si inerpicano su per il sistema nervoso corrodendolo dall’interno, voci che si intrecciano sovrapponendosi e tessendo paura a non finire, rabbia e furia intagliate in synth agghiaccianti, singulti horror e dispersioni cosmiche che atterriscono e fanno rintanare in un angolo. Leitmotiv ancestrali che serpeggiano sotto e sopra un rifferama che fa breccia nella cassa toracica di un milione di ciclopi cannibali, possessioni infernali operistiche incassate all’interno di armature elettriche e raggelate da sensazioni di musica proveniente da saloon fantasma al limitare di un deserto atomico e abitate da santoni a sei braccia e dodici occhi, inserendo una volta per tutte all’interno del metallo più impuro strumenti distanti anni luce da quello che chiunque potesse immaginare fino a quel momento.

Souls At Zero” esce nel 1992 e si imbeve dell’agente mutageno che i Voivod avevano creato anni prima per trasformare un genere in qualcosa di fuori controllo e senza desiderio di definizione. L’esca è lanciata e in tanti – pure troppi – vi abboccheranno senza riuscire mai a vestire i panni del Wicker Man in fiamme posto qui in copertina. Dietro le quinte di tutto ciò c’era comunque Jello Biafra la cui imposizione delle sante mani non poteva che portare questi ragazzi a salire un ulteriore scalino nell’evoluzione di un concetto di musica che non poteva restare imbrigliato ancora a lungo.

Il “post-metal” nasce e muore qui, anche se alcuni suoi figli sono riusciti a dire la loro oltre l’immensa ombra dei Neurosis (che purtroppo non fa più paura da un po’ di tempo).

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