1. Constance
2. Everything You'll Need
3. Stargazer
4. Care
5. Intro
6. Sunset Mezzanine
7. Flower Of Y?gao
8. Idle Heaviness
9. Fukuoka No Future
10. Silver Filum
11. Merovingii
A 3 anni di distanza dal buon EP di debutto “To Fade at Dust” i giovani torinesi pubblicano via WWNBB Collective il loro primo album “Worlds Whitin Walls”.
Dopo un lungo tour che ha attraversato la nostra penisola in lungo e in largo e che li ha “allenati” – aprendo a band come i DIIV, i Toy o Jacco Gardner fino al SXSW di Austin (Texas) – i quattro poco più che ventenni hanno dato forma alle numerose idee e ispirazioni psychedelic/shoegaze nelle 11 tracce del loro ultimo lavoro.
Il disco si apre con Constance, ottimo preludio all’album: brano veloce e incalzante, in cui voce e chitarra giocano con controtempi e stacchi improvvisi. Segue la dolce e malinconica Everything You’ll Need che ci porta poi alla terza “Stargazer“, il brano più lungo dell’album e quello in cui l’attitude shoegaze appare più evidente, con estese parti strumentali sapientemente distorte.
Arriva poi Care, un’ipnotica ballad che fa l’occhiolino al dream-pop à la Beach Fossils dei primi lavori, riprende il filo del discorso con voci riverberate e riff costanti fino alla metà del disco segnata da Intro, due minuti scarsi di strumentale puntata esplicitamente verso lo shoegaze “classico” dei 90’s.
Sunset Mezzazine e il suo ritornello urlato ci portano alla seconda metà del LP che unisce con un fil rouge musicale Flower Of Yugao, Idle Heaviness e Fukuoka No (?)Future, in cui le atmosfere si mantengono costanti, con l’aggiunta di timidi synth a riempire maggiormente quel tappeto distorto delle chitarre, che si sfogano con libertà nelle chiusure dei brani.
Nella penultima Silver Filum la voce ha interventi minimi e segue il ritmo sincopato dei riff di chitarra e della batteria, chiudendosi poi all’improvviso senza soluzione di continuità con l’ultima Merovingii in cui il cantato scompare a metà traccia lasciando spazio ad un’esplosione noisy che sfuma lentamente, chiudendo così l’intero ciclo di “Worlds Whitin Walls“, in cui i “walls” sono forse quei muri di suono che i nostri torinesi amano tanto creare.
“Worlds Whitin Walls” è sicuramente un disco composto con coscienza, non è lasciato al caso ed è un buon biglietto da visita per questi ragazzi che hanno tante influenze, ma riescono comunque a far notare il loro zampino; a parte qualche momento incerto, in cui i brani si susseguono senza molta varietà sostanziale, il primo album dei The Yellow Traffic Light ben esprime le intenzioni del gruppo e pone le giuste basi per un futuro percorso ancora meglio definito.