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Zeal & Ardor – Stranger Fruit

2018 - MVKA Music
gospel / soul / blues / black metal / noise rock

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Tracklist

1. Intro
2. Gravedigger's Chant
3. Servants
4. Don't You Dare
5. Fire Of Motion
6. The Hermit
7. Row Row
8. Ship On Fire
9. Waste
10. You Ain't Coming Back
11. The Fool
12. We Can't Be Found
13. Stranger Fruit
14. Solve
15. Coagula
16. Built On Ashes


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Due anni fa quando uscì “Devil Is Fine” non riservai parole lusinghiere per Zeal & Ardor, progetto dietro il quale si cela il musicista svizzero-statunitense Manuel Gagneux, ma a pensarci bene neppure sì castranti. L’idea c’era ma essendo nata in seno a quell’internet che fin troppe volte ci ha riempito le tasche con grasse manciate di nulla il timore che ciò rimanesse poco più che uno scherzetto acchiappa metal-hipster era forte, soprattutto dato il risultato iniziale: un disco confuso, mal strutturato e mixato coi piedi.

Dal mio punto di vista Z&A rimane una bella rete acchiappa metal-hipster però questa volta non ci sono solo buone premesse sparse, anzi, siamo invece davanti a qualcosa di così tanto buono da spettinare facendomi tornare sui miei passi. Con questo non dico che riconsidererò il debutto di cui sopra (resta e resterà una cosa da niente) bensì che sto letteralmente sbarellando per “Stranger Fruit”. Tutti i piccoli, ottimi nodi del predecessore vengono qui al proverbiale pettine, abilmente districati andando a formare altro, sviluppandosi, prendendo forma e senso logico, compiuto e scritto come Dio comanda.

Gagneux questa volta mesce in maniera pressoché perfetta le sue inflessioni metalliche all’oncia spiritual finora piazzata lì quasi per caso. Il ragazzo dimostra non solo di saper gestire ma anche di conoscere a fondo entrambi gli idiomi fino a renderli uno pressoché nuovo, in maniera non dissimile dal modus operandi di Austin Lunn con Panopticon. La differenza sostanziale sta che in quel progetto le roots sono – ovviamente – d’altra estrazione e allo spirito si guarda mentre si è sdraiati a terra, qui lo si fa con il fucile in mano gridando vis-a-vis con chi sta di fronte.

Non so quanto ci sia dello zampino di Kurt Ballou (qui chiamato a mixare) in tutto ciò ma non mi stupirebbe se il mastermind del sound dei Converge avesse dato qualche dritta al giovane virgulto dello “spiritual black metal”. Sia come sia l’album è una vera e propria cannonata, parlando terra terra. Asciugate – o meglio riconfigurate – le velleità black fine a se stesse ciò che ne scaturisce è un vero e proprio maelstrom di intensità ad altissimo voltaggio. Fate conto di trovarvi nel bel mezzo di una rissa disastrosa in cui arti mulinano e si spezzano senza che nulla si muova davvero, un frullatore trascendentale all’interno del quale le componenti Delta Blues e metal si fondono in un sonoro schiaffone emotivo (l’enorme title track e Gravedigger’s Chant, epico torcibudella). Il simbolo infernale del black in quanto black si infiamma nei cori della nera messa in bordate noise di Coagula, nelle algide chitarre di Built On Ashes che riesce dove prima c’era fallimento intarsiando un canto soulful a là Algiers alla violenza invereconda di Darkthrone e Mayhem (influenze che si fanno sentire anche nelle ferali Don’t You Dare e Row Row). E funziona davvero, anche io stento ancora a crederci, ma è tutto merito di songwriting e arrangiamenti pressoché perfetti.

La lingua di Gagneux batte anche sui denti di certo stomp noise-rock di rimando oxbowiano a dir poco deliziosi (la devastante Servants), stangate in tempi dispari e fucilate math-core di dillingeriana memoria (We Can’t Be Found, Fire Of Motion), delicate ambience texturali glitch ed informi (The Fool, The Hermit) che però andrebbero studiate ancora un po’ per dar loro un senso logico in mezzo a tanto materiale, il tutto infestato da una commistione esacerbante di ferocia senza limiti.

Il cammino di Zeal & Ardor, iniziato con un passo falso, si rimette ora su binari emozionanti e pericolosi nell’immaginifica stazione del nuovo  – questa volta per davvero – che avanza. “Stranger Fruit” è una scintilla che acceca e darà vita e respiro a entità altre, un po’ come fecero al loro arrivo i Deafheaven, bisogna solo capire dove tutto questo porterà Manuel Gagneux. A questo punto spero molto in alto.

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