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Snail Mail – Lush

2018 - Matador Records
indie rock / songwriting

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Tracklist

1. Intro
2. Pristine
3. Speaking Terms
4. Heat Wave
5. Stick
6. Let's Find An Out
7. Golden Dream
8. Full Control
9. Deep Sea
10. Anytime


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É difficile farsi un’idea ed esprimersi su “Lush”, primo album di esordio degli Snail Mail, band che accompagna il talento vocale e musicale della giovane Lindsey Jordan, da Baltimora, Stati Uniti.

Senz’altro c’erano delle belle premesse nel suo EP del 2016, “Habit”, pubblicato dalla Sister Polygon Record, etichetta con un piccolo parco di artisti punk rock, alternative ed indie. Il sound e la voce di Lindsey avevano tutti i germi giusti per far presagire l’arrivo di qualcosa di nuovo sulla scena punk rock, o nelle sfumature più rock dell’indie. Ma dal 2016 ad oggi qualcosa è cambiato o semplicemente evoluto in direzione diversa, e “Lush”, pubblicato invece dalla Matador Records non si presenta come un “Celebrity Skin” delle Hole o un “Funeral” degli Arcade Fire reinterpretato da Kim Gordon dei Sonic Youth.

Nell’album in questione troviamo invece una voce che in fin dei conti è pure discreta, un talento ancora piuttosto grezzo e da scoprire, ma che al di là di una serie ben delimitata di scale e tonalità non riesce ad offrirci, accompagnata da arrangiamenti che funzionano nel breve periodo della durata della canzone, ma che oltre al semplice intrattenimento non riescono a darci.

Altra particolarità sono i testi. Mentre nell’EP “Habit” c’era un qualcosa di metafisico e figurativo che regalava all’ascoltatore l’accesso ad una dimensione più profonda e riflessiva, che permetteva di entrare nell’atmosfera stessa della composizione, in questo nuovo lavoro la ripetizione di continue scene di vita sentimentale ed interiore di una adolescente, accompagnate – come dicevamo prima – da una voce che potrebbe essere senz’altro diventare qualcosa di interessante se continuasse a svilupparsi, ma che al momento non è, ci confina a spettatori di un film alla “Napoleon Dynamite” ma meno carismatico e più insipido.

Timidezza artistica o troppo artificio? Ci auguriamo vivamente la prima ipotesi. Non ci sarebbe infatti niente più triste di un nuovo potenziale talento incastrato negli stereotipi indie e le sue logiche di produzione musicale, spremuto e bruciato ancora prima di poter raggiungere il suo vero “core self” rimanendo incompreso come le situazioni cantante in Full Control o Pristine.

In conclusione, “Lush” va affrontato con la stessa mentalità aperta con la quale si affronterebbe una conversazione profonda e complicata con un adolescente: senza preconcetti e pregiudizi, ma predisposti alla comprensione – che non significa tuttavia dover farsi andare bene ciò che non ci vede d’accordo, ma essere in grado di contestualizzarlo e comprenderlo per ciò che è.

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