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Back In Time

Back In Time: PAPA ROACH – Lovehatetragedy (2002)

Non chiedete agli umili Papa Roach di riscrivere la storia del rock. D’altronde nessuno glielo avrebbe chiesto neanche all’inizio del millennio, quando Jacoby Shaddix (voce), Jerry Horton (chitarra), Tobin Esperance (basso) e Dave Buckner (batteria) erano ancora sulla cresta dell’onda. La band di Vacaville infatti ebbe la fortuna di arrivare all’apice del successo nel periodo di massimo splendore del tanto vasto quanto discusso fenomeno noto con l’etichetta di nu metal.

Quel glorioso 2000 che ci regalò alcuni capisaldi del genere, tra i quali l’immenso “White Pony” dei Deftones (probabilmente l’unico album dell’elenco ad aver resistito in maniera egregia alla prova del tempo), “The Sickness” dei Disturbed, “Primitive” dei Soulfly, “Chocolate Starfish And The Hot Dog Flavored Water” dei Limp Bizkit e il vendutissimo “Hybrid Theory” dei Linkin Park, ci lasciò tra le mani anche l’eccellente “Infest” dei Papa Roach, un best seller da quasi dieci milioni di copie che conquistò immediatamente orde di giovanissimi appassionati del crossover più sanguigno. Grazie a hit del calibro di Last Resort, Between Angels And Insects e Broken Home, i quattro ragazzi californiani riuscirono inoltre a ottenere un’inaspettata nomination ai Grammy, nella categoria Best New Artist.

Mentre Shaddix e soci si toglievano le loro belle soddisfazioni, tuttavia, la stella del nu metal iniziava lentamente ad appannarsi: quel mix maleducato di chitarroni ignoranti e rime rap capitolava sotto i colpi inferti da The Strokes, The White Stripes e Interpol. Era l’alba dell’indie rock, che ben presto avrebbe spazzato via dalle classifiche di mezzo mondo tutti i numerosi nipotini di Korn e Deftones.

Pur di restare a galla in molti cominciarono a migrare verso sonorità un briciolo più moderne. Tra questi vi furono anche quei maestri del trasformismo dei Papa Roach, che non hanno mai nascosto di avere una forte attitudine al cambiamento “furbetto”. Neanche a farlo apposta, nella loro ricca discografia figura un episodio intitolato “Metamorphosis” (2009). E come si chiama la traccia d’apertura dell’album? Change Or Die. Più che un ordine, un motto: probabilmente Shaddix, Horton, Esperance e Buckner ce lo avevano già ben impresso in mente in quel lontano dicembre 2001, trascorso in buona parte nei Royaltone Studios di Los Angeles a registrare Lovehatetragedy(2002).

Coadiuvati dall’esperto produttore Brendan O’Brien (uno abituato a stare dietro il mixer per gente come Bruce Springsteen, Pearl Jam e Rage Against The Machine), i Papa Roach adottarono un approccio ben diverso per le canzoni contenute nel seguito di “Infest”. Il crossover che li aveva portati in heavy rotation su MTV venne spogliato di tutti gli orpelli fino a raggiungere una formula più asciutta, essenziale e spendibile in un mercato saturo di cloni di Fred Durst.

Eliminate quasi tutte le parti rappate (tranne qualche brevissimo passaggio in She Loves Me Not e Code Of Energy), i Papa Roach si gettarono a capofitto in quello che in maniera genericissima potremmo definire un heavy rock di fortissimo impatto, retto dai robusti riff di Jerry Horton e dalle melodie disegnate dalla voce di un Jacoby Shaddix particolarmente aggressivo e ispirato.

Lovehatetragedy fu un’iniezione di adrenalina nel cuore di migliaia di adolescenti stufi del bolso carrozzone nu metal: dalla fulminante partenza con M-80 (Explosive Energy Movement) alle mitragliate di rullante con cui si chiude la title track, ogni singola nota di questo album fu assemblata con il preciso scopo di bissare il clamoroso successo di “Infest” facendo ricorso a un suono leggermente diverso: più naturale, vivace e da dimensione live, quasi fosse stato registrato in presa diretta.

Nonostante il secondo posto nella Billboard 200 raggiunto nella prima settimana di vendita, tuttavia, Lovehatetragedy fallì abbastanza miseramente il bersaglio. Un vero peccato: in seguito i Papa Roach non sarebbero mai più stati così onesti, accattivanti e carichi di sana energia, accontentandosi di galleggiare tra mode passeggere e qualche rarissimo guizzo.

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