Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Christina Aguilera – Liberation

2018 - RCA
pop / r'n'b / hip hop

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Liberation
2. Searching For Maria
3. Maria
4. Sick Of Sittin'
5. Dreamers
6. Fall In Line (feat. Demi Lovato)
7. Right Moves (feat. Keida, Shenseea)
8. Like I Do (feat. GoldLink)
9. Deserve
10. Twice
11. I Don't Need It Anymore
12. Accelerate (feat. Ty Dolla $ign, 2 Chainz)
13. Pipe (feat. XNDA)
14. Masochist
15. Unless It's With You


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Christina Aguilera è sempre stata l’unica popstar nata sul finire dello scorso millennio ad aver esercitato su di me un interesse non dico morboso ma poco ci manca – eccezion fatta per Justin Timberlake e andando un po’ più indietro fino alla mia degenere passione per Madonna – e l’unica di quella genia ad avermi portato ad ascoltare tutta una produzione altrimenti stucchevole da ogni punto di vista, e qui l’eccezione arriva con Lady Gaga.

Da qui a dire che ogni album dell’ugola d’oro soul di New York sia pure gold ne passa, ma di certo c’è una ricerca vocale che altrove manca completamente oppure è stata spesso accantonata per mettere in mostra solo il contenitore – booklet, video e tutto il resto fuffa. L’Aguilera ha fatto entrambe le cose – stazionando nel mondo del mainstream non ci sono altre vie d’uscita – e le ha fatte egregiamente senza mai eccedere nell’oscena turpitudine in assenza di talento di certe sue colleghe (leggi Britney Spears, che artisticamente è praticamente nulla).

Ma torniamo a noi: Christina torna a distanza di ben sei anni – oggi un lasso di tempo sufficiente per essere dimenticata – da quel “Lotus” che sembrava consacrarla definitivamente come fautrice di un pop danzereccio ma di classe superiore ai suoi colleghi, capace di destreggiarsi nelle nuove sonorità in crescita senza perdere per strada il proprio gradiente di soulness che ha fatto la sua fortuna, pur avendolo già dimostrato nello sfrontato e spettacolare “Bionic”. Con il nuovo “Liberation” lo sguardo volge – in parte – proprio all’album del 2010 in quanto a modus operandi ma…

Ma i primi due singoli estratti non lasciano ben sperare. Incomprensibile il tentativo di portare i propri servigi vocali – e non il contrario – all’interno di un metodo “rappistico” francamente svilente come quello di Ty Dolla $ign e 2 Chainz, persi tra trap, autotune e hip hop che sa di stantio lontano un miglio sulla molle Accelerate prodotta dall’ormai – purtroppo – sempre presente Kanye West che se già non è stato un buon padrone di casa sul suo ultimo album “ye” – e men che meno assieme al protegé Kid Cudi – qui dimostra d’aver dimenticato quel che di buono sapeva fare, ossia produrre, e lo dimostra abilmente anche in Searching For Maria con gli zuccherini archi posticci piantati come chiodi su un base che definire debole è dir poco, salva in corner la cantante che ci piazza sopra una linea vocale devastante. Fall In Line tenta di riportare le cose al loro posto ma a gran fatica: una bella base post-electro glitchante da spinta protonica e dai bassi striscianti e grime si incunea sotto una linea vocale super soul e di pregio assoluto, rovinata dall’entrata in scena di Demi Lovato, il cui confronto inevitabile con la padrona di casa fa a pezzi quanto di buono altrimenti ci sarebbe.

Il portentoso gospel-pop intimista di Twice si fa portatore di salvezza in mezzo a tanta confusione con un pianoforte toccato e toccante incastrato perfettamente tra cori e voce principale, incisi incisivi come dovrebbero essere e un tocco da ballad r’n’b aritmica come non se ne sentivano da un po’ da queste parti. Altra ottima cartuccia sparata è quella della basella bombastica e languida di Like I Do, memore di tanto ottimo r’n’b targato ’90 e la produzione a firma  Anderson Paak (e Dumbfounddead), peccato che ad un certo punto ci si chieda se il titolare sia il bravo GoldLink oppure la Aguilera, nonostante il 70% del brano sia sostenuto dalla cantante ma con un grado di incisività pari se non a zero, poco ci manca. Doppietta di Paak sul blues rock assassino di Sick Of Sittin’ che picchia non duro, di più. Imbarazzante la dancehall wannabe sensuale di Right Moves mentre ti porta via il lirismo compostamente atomico sulla glitcheria del corso dell’intensa Deserve.

Insufficiente quel poco di buono che c’è poiché il resto annega in un anonimato agghiacciante, totalmente privo di mordente. Mancano i pezzi da chilo e le canocchie catchy come Dirrrty, Beautiful, Fighter o Candyman e questo è il punto debole assoluto di una performer dall’indiscusso talento come Christina Aguilera che in mezzo a tutto questo nulla pop dovrebbe svettare riprendendosi la scena di una realtà mainstream alla deriva e imbastita da artisti tutti identici gli uni agli altri e che invece dimostra di essere una Ariana Grande come tante altre – ed è un paragone tutt’altro che lusinghiero. Non si pretendeva d’altronde il capolavoro, ma almeno non cotanta debolezza. Non mi dite che ci toccherà ascoltarci Sia per sopperire? Meglio passare dritti al silenzio radio.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni