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Death Grips – Year Of The Snitch

2018 - Third Worlds / Harvest
noise / hip hop

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Tracklist

1. Death Grips Is Online
2. Flies
3. Black Paint
4. Linda's In Custody
5. The Horn Section
6. Ha Ha Ha
7. Shitshow
8. Streaky
9. Dilemma
10. Little Richard
11. The Fear
12. Outro
13. Disappointed


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Il trio formato da Stefan “MC Ride” Burnett, Zach Hill ed Andy Morin sa come far parlare di sé – in un modo o nell’altro – e da principio era esclusivamente la musica a farlo e ad altissima voce, nel tempo questo elemento ha conosciuto i tipici alti e bassi, senza mezze misure. L’avvento del nuovo “Year Of The Snitch” è avvenuto coi consueti indizi lasciati qui e là sul web e ad ingolosire di più sono state le foto in studio a prova del fatto che il regista Andrew “Shrek” Adamson e Justin “Tool” Chancellor fossero della partita. Ovviamente l’uscita dei singoli uno appresso all’altro hanno fatto pensare “classic Death Grips” a molti. Stessa cosa vale per la musica, e non è un bene.

Forza e debolezza del gruppo di Sacramento è difatti sempre stata l’effettiva chiusura totale col mondo esterno, soprattutto per quanto riguarda la materia hip hop, materia straziata dalle futilità trap (che i nostri sembrano aver anticipato involontariamente) oppure dagli orrori kanyeiani. In pratica a furia di fare gli strani i Death Grips si sono normalizzati appiattendosi sulla propria identità rendendosi prevedibili.

La furia iconoclasta di “Bottomless Pit” è solo un ricordo lontano e gli elementi in gioco sono sempre gli stessi: c’è il pezzo farcito da inflessioni black/grind (Shithow, “impreziosita” da video volutamente disgustoso), ci sono le carnevalate elettrospastiche in tempi dispari (Streaky), tentativi di appropriarsi della trap buttandola sul lo-fi a 8-bit (Ha Ha Ha, Flies), stucchevoli sprazzi electro-clash che ricordano da vicino una versione digitale dei peggiori Sex Pistols (Death Grips Is Online) o peggio ancora le Grimes (Linda’s In Custody).

A ben poco serve picchiare seriamente duro sugli strumenti con finalmente Hill che comincia a fare la differenza tra le badilate noise-electro-rock dell’ottima Black Paint  – davvero l’unico brano rilevante di tutto il disco – perché il tutto finisce ancora nel gorgo del posticcio con un pezzo a scelta tra la scellerata retro cyberpunk Little Richard che pare uscita da una parodia de “Il Neuromante” oppure la sconclusionata Disappointed, piazzata apposta dopo l’outro, per dire quanto terribilmente strani si credano i tre [leggere il tutto con tono sarcastico, ndr].

Ovviamente tutto ciò che per quanto riguarda il mio personale punto di vista è uno scivolone d’antan sullo sdrucciolevole pavimento di certo alt/noise hip hop per i Death Grips sarà motivo di vanto, sicché pare che siano sempre alla ricerca della cosa più abietta da fare giusto per risultare sempre più obliqui. Peccato che coi tempi che corrano sia azione ben più difficile di quanto non si creda e col carrozzone messo su da Ride, Hill e Morin, ora come ora, di spaventoso c’è ben poco, forse giusto la scontatezza. Avete presente quei compagni di scuola che tentano anche la più improbabile delle follie per farsi riconoscere in mezzo agli altri? Ecco.

E dire che sin dal loro singolare avvento nel 2011 i nostri non hanno mai mancato di stupire. Con “Year Of The Snitch” non alzerà il naso dal giornale nemmeno il più sensibile degli anziani del bar.

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