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Funeral Mist – Hekatomb

2018 - Norma Evangelium Diaboli
black metal

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Tracklist

1. In Nomine Domini
2. Naught But Death
3. Shedding Skin
4. Cockatrice
5. Metamorphosis
6. Within the Without
7. Hosanna
8. Pallor Mortis


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Fine di giugno intenso per Hans Daniel Rostén e le sue due principali incarnazioni musicali. Su “Viktoria” dei conterranei Marduk (in cui Rostén utilizza il moniker di Mortuus) vi rimando direttamente alla nostra recensione, mentre in questa sede parleremo del nuovo lavoro dei Funeral Mist, progetto prettamente solista in cui compare sotto il nome di Arioch.

Precisiamo una cosa, nonostante abbiano in comune produzione (a cura di Devo Andersson) e frontman, ci troviamo di fronte a  due lavori totalmente diversi per attitudine, tematiche e sound. Se da una parte infatti i Marduk sono tornati alle origini di un suono raw e diretto, debitore di dischi come “Panzer Division Marduk” e “Opus Norcturne” (senza avere purtroppo lo stesso livello di intensità), Arioch con questo “Hekatomb” si è liberato da ogni catena limitante, ed il risultato è un disco mostruosamente fresco, cupo, teatrale e, soprattutto, originale.

Autore di tutte le musiche e di tutti i testi, nonché performer di tutti gli strumenti (batteria a parte), il Nostro tira fuori un opera che è il perfetto mix tra “Salvation” e l’eccentricità di “Maranatha“. Musicalmente si rimane sui binari di un black metal tiratissimo, interrotto da continui momenti del tutto atipici, come nella traccia di apertura In Nomine Domini in cui la velocità è continuamente spezzata da momenti di solo basso e batteria.

Se il riffing e l’imprevedibilità di molti brani (Shedding Skin su tutti), ricordano da vicino certi momenti dei Deathspell Omega di “Si Monvmetvm Reqvires, Circvmspice, è la voce di Arioch il vero gioiello di questo “Hekatomb“, molto più a suo agio qua che nei Marduk.

Ogni momento vocale di ogni brano è infatti perfettamente contestualizzato da un’ interpretazione impeccabile, eccentrica e spaventosa, che mai si limita al classico screaming, ma vira spesso su registri quasi sciamanici e declamatori. Il disco è pieno di situazioni esaltanti come i meravigliosi synth della parte centrale di Cockatrice che sembrano uscire dal Burzum di “Filosofem“, i cori ecclesiastici della marziale Metamorphosis o il riffing funereo e progressivo della conclusiva Pallor Mortis, tanto per citarne alcuni.

Hekatomb” non è un disco facile e, come tutto ciò che è destinato a permanere nel tempo, serve pazienza e attenzione, ed è ciò che chiede Arioch per entrare appieno nel concept. Se invece quello che vi delizia sono un “massacro” dall’inizio alla fine e le solite tematiche belliche allora in questo caso rivolgetevi a Mortuus.

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