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Uniform & The Body – Mental Wounds Not Healing

2018 - Sacred Bones Records
industrial / noise

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Tracklist

1. Dead River
2. The Curse Of Eternal Life
3. Come And See
4. The Boy With Death In His Eyes
5. In My Skin
6. We Have Always Lived In The Castle
7. Empty Comforts


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Una delle poche cose che siamo riusciti a capire di quei camaleonti del metal che rispondono al nome di The Body è che, più di ogni altra cosa al mondo, amano realizzare album in compagnia degli amici. E così, dopo aver fatto comunella con Thou, Krieg e Full Of Hell, gli instancabili Chip King e Lee Buford, neanche un mese dopo averci deliziato con il nuovo “I Have Fought Against It, But I Can’t Take It Any Longer.”, tornano a trapanarci le orecchie con questo “Mental Wounds Not Healing”, frutto di uno sforzo creativo condiviso con i newyorkesi Uniform, altro fragorosissimo duo cui non dispiace affatto sperimentare con le infinite possibilità della musica estrema.

L’idea di unire le forze e dar vita all’inedito quartetto è arrivata dopo un tour europeo particolarmente felice che The Body e Uniform hanno intrapreso insieme nella primavera dell’anno scorso. Cosa avrà fatto scoccare la scintilla? Non è che i nostri, oltre alla passione per un lercissimo crossover di noise, industrial e sludge metal, nascondono anche un’insospettabile predilezione per il caro, vecchio Ozzy Osbourne? Se facciamo affidamento al titolo di questo album, che riprende un verso del ritornello del classicone Crazy Train (da “Blizzard Of Ozz”, 1980) ci sarebbe da rispondere in maniera affermativa; tuttavia basta un rapido ascolto dei sette brani di “Mental Wounds Not Healing per rendersi conto che qui di un’ipotetica lezione del padrino dell’heavy metal non vi è neppure l’ombra.

Mettiamola così: se il leggendario cantante dei Black Sabbath ha lo stomaco per staccare a morsi le teste di innocenti pipistrelli e sfortunate colombe, la combo The BodyUniform potrebbe fare esattamente la stessa cosa ma con animali di taglia decisamente più grande, tipo bufali o elefanti. Da questa uscita a coppie infatti scaturisce un’opera cupa, apocalittica e annichilente che mira ad azzannare i timpani degli ascoltatori senza farsi tanti scrupoli. Le urla belluine che fanno da sottofondo allo sfrigolante drone di Dead River sono un monito: da questa mezz’ora scarsa di assalto sonoro non se ne esce vivi.

E allora ecco arrivare ondate di lento digital hardcore dal piglio funereo (The Curse Of Eternal Life) e disperati paesaggi di noise/doom artificiale immersi nel rumore bianco (Come And See, We Have Always Lived In The Castle) a far uscire fuori ferite mentali impossibili da rimarginare. Quando i quattro provano a darci un po’ di conforto accennando timidissime melodie (In My Skin, Empty Comforts) subito poi sembrano voler tornare sui loro passi; la produzione scarna e volutamente grezza lascia anche questi rari momenti di (per così dire) quiete a macerare sotto un cumulo di incandescenti detriti industriali.

Citando il Clive Barker di “Hellraiser”, Uniform e The Body sono “demoni per alcuni, angeli per altri”. Se siete poco avvezzi al genere e volete preservare orecchie e sanità mentale, scappate via a gambe levate. Se invece farvi prendere a martellate sulle tempie è il vostro hobby preferito, qui troverete un vero e proprio tesoro di sonorità plumbee e al limite della cacofonia, con l’impressionante muro di chitarre dell’epica The Boy With Death In His Eyes a fare da ciliegina sulla torta. Il tutto confezionato dalle amorevoli mani di quattro esperti e appassionati artigiani del frastuono più atroce e delirante. E come direbbe il buon Ozzy Osbourne: Mental wounds still screaming, driving me insane.

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