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Vein – Errorzone

2018 - Closed Casket Activities
hardcore

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Tracklist

1. Virus://Vibrance
2. Old data in a dead machine
3. Rebirth protocol
4. Broken glass complexion
5. Anesthesia
6. Demise automation
7. Doomtech
8. Untitled
9 End eternal
10. Errorzone
11. Quitting infinity


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La punta di diamante, l’esercizio di stile più apocalittico, lo snaturamento voluto e deliberatamente violento del sound “post” degli ultimi venti anni di musica: i Vein sono tutto questo, ma anche di più.

Attiva ormai da più di un lustro, la band di Boston sta riuscendo nella disperata impresa di dare un volto struggente, cinico, alternativo e oscuro alla scena musicale underground mondiale. Si è di fronte a una vera rivoluzione che sfugge a qualsivoglia compromesso e che si pone come mina vagante all’interno del contesto “heavy”; una forza anarchica che sistema ordigni agli angoli delle strade del mainstream, riuscendo a sovvertire il corso della storia.

“Errorzone” è il primo full lenght dei Vein, uscito per Closed Casket Activities, etichetta che ci sta vedendo lungo in territorio hardcore (Fireburn, Incendiary, Xibalba …): sono undici le tracce che compongono questo turning point dall’impatto disarmante e che allo stato attuale rappresenta un punto musicalmente inarrivabile a tuttotondo.

Ad aumentare nel corso dei mesi il fermento attorno a questa band, rimasta per anni un nome di nicchia per pochi appassionati e addetti ai lavori, ci ha pensato anche una strategia social azzeccata e malvagia, incentrata su tematiche che richiamano a gran voce gli anni ’90 e ‘00.

Proprio da questo periodo musicalmente fondamentale arrivano alcuni dei riferimenti sonori presenti in tutta la discografia dei Vein, ma chiaramente accentuati in “Errorzone”: dal drumming convulso e ultratecnico di stampo Converge, ai momenti più melodici in stile Deftones, passando per la paranoia nu metal dei Korn.

I testi intricati, capaci di svilupparsi attorno a sostantivi, verbi e locuzioni estremamente ricercate, sbattono in faccia all’ascoltatore tutta l’ansia e il senso di smarrimento del vivere moderno. Il desiderio di esprimere il proprio turbamento, la propria depressione e la propria solitudine all’interno di un mondo che lascia indietro chi non corre, hanno portato i Vein a costruire un baluardo chaotic hardcore che sta già facendo scuola.

L’intero pacchetto suona talmente concreto, duro e snervante da risultare a volte piacevolmente fastidioso: le sue dissonanze, la timbrica vocale esasperata, il fiato pesante del revival sul collo fanno di questa prima vera opera dei Vein un prodotto dalla spinta eclatante. Basti pensare anche all’elettronica che introduce il devastante riff di Virus://Vibrance, inusuale di questi tempi nei prodotti metallic hardcore e post (se si vanno a escludere i Code Orange). Nel corso del 2017 e di questa prima parte del 2018, la band del Massachusetts ha meritatamente accentrato su di sé l’attenzione di riviste, siti e fotografi, grazie alle sue performance live appassionate e devastanti. Ascoltando brani come Doomtech, Old data in a death machine, End eternal e la title track Errorzone, non si può che venire catapultati all’interno di un videogioco a tematica horror o di un B-movie ultraviolento, a testimonianza di come i Vein vogliano portare la propria musica a un livello superiore, scavalcando la sola esperienza legata all’ascolto.

“Errorzone” si fa con successo deus ex machina del destino dell’hardcore moderno, valicando in maniera ragionata e deliberatamente “punk” le frontiere del caos e i limiti stessi del metal. Per tutti coloro che aspettavano una nuovo ’68 del sound alternative, o che semplicemente non avrebbero mai immaginato un colpo di Stato ai danni delle consolidate istituzioni post-hardcore.

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