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Body/Head – The Switch

2018 - Matador
noise

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Tracklist

1. Last Time
2. You Don't Need
3. In The Dark Room
4. Change My Brain
5. Reverse Hard


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Stavo aspettando il link dalla redazione contenente l’album dei Body/Head, nuovo progetto di Kim Gordon e Bill Nace al loro secondo lavoro in coppia, perciò spinto dall’impazienza mi sono ascoltato il singolo You Don’t Need su YouTube dove mi appare la nuova copertina in pieno stile SST: un’istantanea in bianco e nero e lettering a caratteri liquefatti e irregolari, sufficiente per dare un immagine identificativa di questo “The Switch“.

Il problema è che quando ascolti certi suoni non sai se immaginarti fluttuante senza peso nell’universo con gli occhi spalancati o se semplicemente fissare la matita che hai in mano e vederci una matita e una mano: dove sono finito? Eppure in questo luogo insensato so che nulla è lasciato al caso. So che sicuramente c’è un Disegno dietro a tutta questa oscurità ma non riesco a vederlo, non so se tra i solchi di questo ermetismo astratto ci siano le Sinfonie di Beethoven come dichiarava un entusiasta Lou Reed all’uscita di “Metal Machine Music” e non era solo l’effetto delle pere di Obetrol: le Sinfonie c’erano. Ma poi arriva prontamente il link dalla redazione e, anche se ormai un po’ prevenuto, lo ascolto in cuffia.

Se il film “The Shining” fosse stato diretto da David Lynch avrebbe con ogni probabilità Last Time come colonna sonora portante, non si tratta di puro feedback in questo caso, come mi aspettavo, o meglio, non so che cosa mi aspettavo, non sono solo amplificatori ma anche chitarre ad essere registrate e se sei veramente nella giornata giusta e la vita ti sorride, puoi intravedere quel Disegno di cui parlavo: un blues, quello che ascoltiamo in realtà è un’accordo blues messo in sala operatoria, smembrato e dilatato 100 milioni di volte e urlato nel vento.

Kim Gordon ci ha abituati a questo da più di 30 anni e ancor di più da quando sono usciti i dischi di puro feedback per la Sonic Youth Records. È il linguaggio dei Sonic Youth ma senza l’ironia e la provocazione di Lee e Thurston a sferzare sciabolate soniche, a liberare il rock da quella semplicità che rasentava a volte l’infantilismo, è vero che gli album fuori dagli schemi, di rottura hanno contribuito a cambiare il modo di suonare e ad avvicinarsi ad una comunicazione più complessa come il jazz d’avanguardia ma dietro a questi artisti c’è sempre stata una profonda umanità, per dire che senza “The Ascension” di Glenn Branca, Kim e Thurston avrebbero messo su una cover band dei Creedence probabilmente. E Kim senza Thurston è il luogo inumano e arido che attraversa il sentiero tra i Campi Urlanti di Amore Sonico.

Non che non apprezzi l’arte astratta, vi parla uno che si inginocchia davanti ad un’opera di Rothko, uno che ha tutti gli album dei Sonic Youth, sì, anche quelli della SYR e che si ascolta “Silver Sessions For Jason Knuth” per rilassarsi ma qui la Sindrome di Stendhal non mi salva, quello che rimane è un disperato girovagare tra le grotte buie di un pianeta inospitale, un’esperienza sicuramente intensa ma chi ce l’ha fatto fare? Leggi poi che il pezzo successivo si intitola In the Dark Room e solo con questo elemento posso capire dove i Body/Head vogliono andare a parare: nelle tenebre. Le pretese artistiche dell’astrattismo sonoro con messaggio molto molto importante: siamo tutti fottuti, il mondo è un luogo oscuro, non c’è salvezza, 4:37 di rumore lancinante semicongelato per far vivere un’esperienza che Francisco Goya comunicava con un peto.

Se In The Dark Room non ha convinto, la quarta traccia Change My Brain non è che farà completamente cambiare idea ma almeno riprende dal punto in cui si era fermato con la opening track Last Time e, con intensità e ispirazione, ci riporta in un contesto aperto a immagini cinematografiche interessanti e dato che dura più di 10 minuti, Kim e l’altro hanno più possibilità di riuscire a dire qualcosa e metter giù una composizione noise (l’ho detto!!) che arriva al suo scopo: allenare la mente all’apertura, ricordarsi di pensare con la propria testa, ti riporta dentro di te, dove non arrivano le chiacchiere e la mente di superficie si lava, un pezzo denso e (dis)armonioso che entra nella closing track Reverse Hard come aria attraverso un vecchio ventilatore industriale, forse il pezzo migliore dell’album, dove, finalmente, capisco il Disegno.

I pezzi migliori sono quelli in cui non vi è la mano dell’uomo, o meglio, l’uomo è lo strumento degli amplificatori mentre la manipolazione e l’esecuzione è data direttamente dalle macchine, forse ci sto cascando e forse la luce in fondo al tunnel sono i fari di un treno, ma capisco finalmente che è una questione di “crederci”, di “fiducia”: credere che questo disco abbia un “ritmo” come delle pulsazioni di un cuore sotto sforzo e di sentire quel battito e che sia un disco “blues”, che ci siano dentro le voci e gli accordi di Howlin’ Wolf e Robert Johnson, che parla di salvezza e di oppressione, suoni e frequenze rivolti alle minoranze, agli umani che mai ascolteranno “The Switch“, ma lo ascolteranno Kim, Bill e qualcuno di noi abbastanza stupido da arrivare alla quinta traccia e farsi attaccare violentemente i sensi, compreso il sottoscritto.

Forse neanche Kim Gordon ci crede ma sicuramente se avessi l’occasione di chiederle cosa ne pensa di “The Switch” mi direbbe sicuramente che è “la cosa migliore che ho fatto” ma non saprebbe dirmi il perché. E mi viene in mente all’ultimo che, anche quando ascoltai per la prima volta “Metal Machine Music” pensai fosse una presa in giro! Ora ne posseggo tre copie.

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