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Otep – Kult 45

2018 - Napalm Records
nu metal

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Tracklist

1. Hail To The Thief
2. Halt Right
3. Molotov
4. Said The Snake
5. Undefeated
6. Trigger Warning
7. Cross Contamination
8. Shelter In Place
9. Boss
10. To The Gallows
11. Sirens Calling
12. Invisible People
13. Be Brave
14. Wake Up (Rage Against The Machine cover)


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Per recuperare suoni morti e sepolti esattamente come li si è lasciati nel lontano 2002 ci vuole un bel coraggio. O meglio, se si riesce ad interpolare ai suddetti qualcosa di nuovo, che siano i suoni oppure un determinato modo di suonare allora il risultato potrebbe risultare interessante, magari non miracoloso ma quantomeno non atterrente come quanto si ha modo di ascoltare all’interno di “Kult 45”, “nuovo” lavoro degli Otep.

La band che mutua il nome dalla frontwoman Otep Shamaya ha perduto la strada parecchio tempo fa. Come dicevo in altra sede qualche uscita più recente è riuscita nell’annoso compito di non far affondare totalmente la nave – ma trattasi di un solo disco sui parecchi usciti – senza però dare nuovo respiro al volatile combo in questione. Oggi la faccenda assume connotati a dir poco imbarazzanti. Davvero è necessario tirare fuori dal cassetto il nu metal? Pare di sì, dato il ritorno in pista di gente come Sevendust, Nonpoint e svariati altri – e stiamo ancora aspettando il nuovo disco dei Limp Bizkit e i P.O.D minacciano di tornare.

La grande assente qui è l’urgenza che dati i contenuti impegnati (o supposti tali) dovrebbe farsi sentire anche attraverso gli strumenti, altrimenti a cosa servirebbe veicolare il messaggio attraverso una musica così derivativa e scarica? Si finisce per vanificarne l’intento. Ed è infatti quel che capita nella quasi totalità dei brani ivi contenuti. Un coacervo di canzoncine nu che non avrebbero tirato nemmeno nei primi anni Zero, tra una rappata mal messa su chitarrone che poi tanto one non sembrano essere, un tentativo – malamente fallito – di tirare in ballo l’alt-metal più moderno e una terrificante cover dei Rage Against The Machine (Wake Up, per la cronaca) che fa venir voglia di dire “ma non bastavano gli stessi Prophets Of Rage a rovinarne reputazione e canzoni?” il tutto si risolve nell’anonimato più assoluto.

Menzione d’onore al tentativo di muoversi altrove e nella fattispecie in territori più propriamente hip hop se non abilmente trap: Boss è bella viscida e si muove come un serpente sinuoso, Undefeated è un paletto gangsta iper-groovy e anche la strofa di Trigger Warning ha tutto il suo perché (almeno finché non arrivano i chitarroni di cui sopra).

Niente da fare, comunque. Il disco non decolla – non che mi aspettassi chissà che – e la temperatura resta tiepida se non fredda. Se miss Shamaya avesse impostato il disco su coordinate più moderne, più hip hop e meno nostalgiche di quel movimento generazionale che fu forse avremmo avuto per le mani qualcosa di meno sbiadito. E dire che sarebbe bastato proprio un pizzico di coraggio in più. Per tutto il resto citofonare a Hyro The Hero.

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