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Fit Of Body – Black Box No Cops

2018 - 2MR
deep house / post punk / synth pop

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Tracklist

1. Black Box No Cops
2. Heavens No. 1
3. Eighty-One
4. Migration
5. Sniper - Interlude
6. Untitled ‘12
7. Sophisticated Adult Ent.
8. Play Thing
9. Rose Water
10. The Screamers
11. Walking


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C’è qualcosa di familiare ma anche di irrimediabilmente sfuggente, in questo “Black Box No Cops“, disco di Fit Of Body, pseudonimo di Ryan Parks, DJ, artista multimediale, produttore (patron della Harsh Riddims, etichetta che pubblica esclusivamente in cassetta) e “grime artist”, come si definisce sulla propria pagina Facebook. Originario di College Parks, nello stato della Georgia, il nostro va spesso a passare le giornate ad Atlanta, nel parco di Black Box, o Black Blocks: uno spazio per skaters, ma anche semplicemente per gente desiderosa di stare un po’ per i fatti propri, lontano dai casini e dallo stress cittadino e da possibili sguardi indiscreti (inutile ricordare il rapporto non proprio idilliaco tra forze dell’ordine e minoranze oltreoceano).

E, anche senza aver mai preso uno skate, sembra possibile immaginarsele quelle giornate torride, indolenti, liquide, dove il tempo sembra risiedere in un universo a parte, con regole proprie, diverse. E ritrovarle tra i solchi di questa musica, che potrebbe fungere da perfetta colonna sonora delle ore trascorse sull’asfalto bollente e ricurvo di questo angolo del capoluogo di stato, tra bibite gassate, ticchettii frenetici sullo schermo del cellulare, confidenze, tradimenti e il tonfo sordo del legno e delle rotelle degli skate sul suolo. Quindi, tornare a casa nella propria stanza, umida e in penombra, a rielaborare gli eventi della giornata e scriverci magari una canzone. O una manciata, che insieme diventano un flow indistinto di pensieri, gioie, gelosie, piccole cattiverie e speranze, che si fondono e intrecciano gli uni con gli altri. Se il tango è stato definito come “un pensiero triste che si balla”, in questo caso si potrebbe parlare di “una musica triste che si pensa”. Quasi un precipitato inconscio di quanto la mente e, soprattutto, corpo e istinto hanno assimilato, metabolizzato, digerito.

Inutile parlare di singoli nel caso di Fit Of Body. Il disco è un incessante fluire di sequenze, unite tra loro da una timbrica che potrebbe diventare un vero e proprio marchio di fabbrica per Parks: un mood quasi new wave, ovattato, a tratti cupo, decisamente anni ottanta, ma innestato quasi provocatoriamente su ritmi e beat da dancefloor e su spruzzate di buona vecchia techno alla Detroit maniera. Se proprio dovessimo cercare col lanternino il pezzo da lanciare sulla pista potrebbe essere Play Thing, forse quello col piglio più melodico, più pop. Ma quella voce è sempre filtratissima, come se provenisse da sotto l’acqua, come se qualcuno stesse cantando da dentro un acquario. E che dire di The Screamers? Immaginate una collaborazione tra Jason Pierce che realizza le basi e Parks che ci recita sopra e potreste farvi un’idea. Altrove sembra invece di sentire i Lali Puna, ma risciacquati nel golfo del Messico dopo l’ascolto forzato di grime e techno.

Dancefloor da camera, verrebbe da definirla. Retró ma con un’intenzione, un senso decisamente moderni. Un album insolito, curioso, che probabilmente non figurerà in nessuna lista di album dell’anno, ma del quale sentiremo parlare in futuro. Di certo Parks è riuscito in una manciata di EP e con un solo long playing all’attivo a definire un proprio stile e imporlo all’attenzione di un’udienza ancora ridotta ma attenta e in crescita. Magnetico.

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