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Interpol – Marauder

2018 - Matador Records
post punk

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Tracklist

1. If You Really Love Nothing
2. The Rover
3. Complications
4. Flight Of Fancy
5. Stay In Touch
6. Interlude 1
7. Mountain Child
8. NYSMAW
9. Surveillance
10. Number 10
11. Party’s Over
12. Interlude 2
13. It Probably Matters


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Interpol è il nomignolo con cui Paul Banks veniva preso in giro nella sua gioventù, ed è proprio questo il motivo per cui è diventato anche il nome di una delle band più influenti e stimate dei primi anni zero. “Turn On The Bright Lights” è stato un raggio di luce estremamente brillante che ha segnato l’adolescenza di molti e ha definito uno stile unico e originale per l’epoca.

Ho sempre sentito gli Interpol come una sorta di revival dei Joy Division, la voce di Banks è profonda e scura, proprio come quella del compianto Ian Curtis, lo stile musicale pure ha svariati punti in comune con la leggendaria band inglese seppur differenziandosi per la cinematograficità e la tendenza a creare paesaggi sonori complessi. Se tutti ricordiamo Obastcle n.1 o Slow Hands, questo nuovo “Marauder” è su un piano artistico diverso, e credo che alcuni ascoltatori assidui della band potrebbero andare incontro ad un’amara delusione.

Il suono è ovviamente diverso dai primi lavori, il post punk costituisce sempre le fondamenta, ma su di esso sono costruite nuove strutture fatte soprattutto d’aria, di spazio e psichedelica. Il merito di questa svolta si può individuare nella scelta di avvalersi del produttore Dave Fridmann, già al lavoro con MGMT, Low e Flaming Lips. La band newyorkese si è sempre arrangiata in tutto durante le registrazioni dei dischi precedenti, stavolta invece qualcosa di diverso c’è stato, oltre alla presenza di Fridmann anche la scelta della modalità di registrazione è cambiata, è stata utilizzata la tecnica della presa diretta su nastro per conservare l’energia della performance dal vivo e per quel sapore caldo e retrò che solo le bobine sanno dare e devo dire che sotto questo aspetto l’obiettivo è stato pienamente raggiunto.

Tornando al suono della band troviamo degli ambienti sicuramente più spaziosi, i contorni delle frequenze sono sfumati da presenti riverberi e delay, come venissero dal profondo di un sogno. La componente onirica ha avuto uno sviluppo importante in questo disco ma quello che mi disturba rispetto agli Interpol che conosco è la praticamente totale assenza di malinconia e pathos. I primi dischi mi hanno mosso alla commozione, ma questo “Marauder” seppur abbia una produzione di altissimo livello, non riesce a prendermi allo stomaco e nemmeno alla testa. Troppa spensieratezza, le canzoni sono molto frivole e di facile ascolto senza contare che il basso è stato nascosto nel mix quando in realtà è sempre stato una delle caratteristiche che mi ha fatto innamorare  degli Interpol.

È innegabile che in “Marauder” ci siano delle belle canzoni come il pezzo di apertura If You Really Love Anything, direi il mio preferito dell’album, ma per alcune, come ad esempio Number 10, sono costretto a premere il tasto skip con un minimo di fastidio nel sentire una delle band che mi ha cresciuto fare canzoni da spiaggia allegrotte e ammiccanti. Non che io odi il pop o la musica positive ma in questo caso l’operazione sembra oltremodo forzata e poco in linea con quella splendida vena dark che mi ha fatto amare questi quattro ragazzotti newyorkesi.

Non credo che concederò a “Marauder” un altro ascolto, anzi credo mi consolerò andando a riascoltare le fatiche soliste di Paul Banks sotto lo pseudonimo di Julian Plenti e nell’ordine “Antics” e “Turn On The Bright Lights“, perché i capolavori è bello ascoltarli per ultimi.

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