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The Morlocks – Bring On The Mesmeric Condition

2018 - Hound Gawd / Rough Trade Internationals
garage / rock

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Tracklist

1. Bothering Me
2. We Can Get Together
3. Heart of Darkness
4. No One Rides for free
5. Down Underground
6. Time to Move
7. One Foot in the Grave
8. High Tide Killer
9. Easy Action
10. You Don’t Know


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Devo correggere subito qualcuno che mi ha detto: “i Morlocks risorgono dalle ceneri”: i Morlocks non sono mai morti, così come, nonostante quello che si è pensato per 10 anni, Leighton Koizumi non è morto, proprio no; la band che si è fisicamente dissoluta alla fine degli anni 80 è sempre rimasta viva dentro al suo leader e fondatore. Non parliamo delle vicissitudini personali di Leighton, a noi quello che importa è che I Morlocks siano tornati con un disco di inediti, con una line-up nuova ma già rodata e ben salda dall’estate 2015, con gli ex Fuzztones Oliver Pilsner al basso e Rob Lowers alla batteria e con Bernadette e Marcello Salis alle chitarre, una formazione tutta europea con Düsseldorf come quartier generale.

Perciò dopo nuovi incontri casuali in giro per l’Europa, nuove amicizie e una gran voglia di ripartire, Koizumi e i nuovi Morlocks escono con “Bring On the Mesmeric Condition“, il primo di inediti da 11 anni, senza considerare l’ottimo “Play Chess” del 2010, cover-album di pezzi blues riarrangiati in chiave garage rock.

Quindi consideriamo 8 anni dall’ultimo lavoro, quanto è bastato a Leighton per rimettere in piedi una formazione tutta nuova e far rinascere veramente la Creatura, infatti in “Bring On the Mesmeric Condition” si respira aria nuova, e i pezzi filano lisci come in un classico del genere. Pezzi tirati giù di getto, pensati per la dimensione live, con tutta la sapienza dei mostri sacri del garage punk. Come se l’intera scena di oggi non esistesse, perché riprendono diretti da dove Stooges e Ramones hanno lasciato.

Ed è un tirare dritto nella scena underground fortemente provata dagli smartphone con uno scanzonato Koizumi ad aprire l’album con Bothering Me degno di un giovane Iggy e le sue vicissitudini passate affiorano in qualche testo come No One Rides for Free. La voce di Koizumi è un gatto selvatico appena liberato da un groviglio di rovi e si fa baritonale in Heart of Darkness, forse il pezzo più “pensato” dell’album, a metà tra l’Iggy di Gimme Danger e il Joey Ramone di Poison Heart.

Il Rithym ’n’ blues di Down Underground ci introduce nella seconda metà dove da segnalare sono le stonesiane Time to Move e One Foot in the Grave e l’ottima High Tide Killer in cui il risultato è più della somma delle sue parti: è forse il pezzo meglio riuscito dell’album in cui punk, blues e melodia 60’s si fondono perfettamente. A chiudere è You Don’t Know, classico dei 13th floor Elevator eseguito con il massimo rispetto per il sound di quel lontano revival perché è ancora lì che ci troviamo e siamo ancora vivi e, per dirla come Leighton, Grappa Grappa Hey!!

Non ci resta che andare a vederli presto in Italia e ascoltare finalmente questi pezzi dal vivo, assolutamente.

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