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Back In Time

Back In Time: FABRI FIBRA – Mr. Simpatia (2004)

Racconti improbabili, scorrettezze in abbondanza, volgarità spesso gratuite. Un senso dell’umorismo nero come la pece e a tratti più acuto di quanto non potesse emergere da un ascolto superficiale. In questo dedalo di battute graffianti e uscite clamorosamente e volutamente grevi probabilmente l’unica frase che andava presa sul serio era: “…copio Eminem perché non c’ho più fantasia”. Almeno fino a un certo punto. Perché anche se è vero che già a partire dall’incipit “Mr. Simpatia, non poteva non ricordare quei “Public Service Announcement” che davano il La ai primi lavori di Marshall Bruce Mathers III, rimaneva comunque focalizzato su una realtà al 100% italiana.

Gli anni delle jam, delle fanzine, dei mixtape, dell’elogio delle quattro discipline e in generale di una visione dell’hip hop che rasentava il fondamentalismo religioso, nel 2004 erano già lettera morta. Fabrizio Tarducci, che coi suoi Uomini di Mare di tale vitale contesto era stato uno degli ultimi grandi protagonisti, non fece altro che rendere ancora più evidente quello che tutti sapevano ma a cui si rifiutavano di arrendersi. Tuttavia non si accontentò di mettere una bella lapide su di un periodo importantissimo per la diffusione del rap nello Stivale. Ne ingiuriò pubblicamente la salma e vi orinò sadicamente sopra.

Ci aveva già provato due anni prima ad andare oltre al rap fatto dalla scena per sé stessa con quel “Turbe Giovanili” scritto su basi scartate da un Neffa ormai dedicatosi alla musica leggera. Il risultato fu un disco decisamente più maturo della media, focalizzato sulla quotidianità di un ragazzo come tanti e le sue contraddizioni, le sue ansie e le sue speranze in un mondo che iniziava a cambiare repentinamente i propri paradigmi. Non funzionò o meglio cadde nell’indifferenza pressoché totale di uno scenario ormai in avanzato stato di decomposizione, salvo essere riscoperto e rivalutato anni dopo grazie alla rete.

Fallito con l’approccio intimista pensò bene di ripiegare su di uno irriverente e sardonico. Sarà che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce ma questa volta – per quanto il rap italiano non avesse ancora un seguito nemmeno lontanamente paragonabile a quello odierno – la risposta del pubblico fu decisamente migliore. Chi come il sottoscritto è stato adolescente in quegli anni ricorderà come non ci fosse un blog musicale che non dedicasse al disco un accenno, almeno un compagno di classe che non sapesse a memoria Non fare la puttana o Non t’invidio, un ragazzino coi Richmond e la cintura D&G che chiedesse al coetaneo con pantaloni larghi e berretto a rovescio di duplicargli il cd.

Un fenomeno di nicchia destinato a diventare di massa di lì a breve ma nel frattempo ci si fece un sacco di risate con un campionario di personaggi e situazioni surreali. C’erano il lattaio che beveva il latte scaduto da un mese, la prostituta giapponese che somministrava ecstasy ai clienti, la rissa col capoufficio e la sua segretaria. Fabri Fibra divenne quello che trasformava i propri drammi personali in farse grottesche, si faceva apertamente beffe del perbenismo imperante circa argomenti come sesso e droga, scherzava tranquillamente su tabù come incesto e suicidio, senza lesinare sugli insulti a istituzioni e figure nazional popolari prendendo d’infilata i colleghi e minacciando addirittura di violenza fisica l’ex fidanzata. Oggi si viene messi alla berlina per molto meno. Ancora lontano dai riflettori dello star system e dal tam tam social che trasforma ogni sciocchezza in notizia, il rapper poté però sfogarsi liberamente sputando ettolitri di veleno su una società imbalsamata e uno scenario musicale immobile.

Le produzioni di Nesli al pari del rap del fratello, erano quadrate, essenziali, prive di orpelli. La forza di “Mr. Simpatia” sta anche e forse soprattutto nella sua semplicità: a differenza dei classici del genere non ricorreva al linguaggio specifico dell’hip hop né a citazioni che solo un ascoltatore con un minimo d’infarinatura poteva cogliere. Qualcuno che non avesse mai ascoltato rap in vita sua poteva comprenderne i contenuti, magari indignandosi e non cogliendone l’ironia e il sarcasmo ma di sicuro ci sarebbe stato ben poco da spiegargli.

Diretto, dissacrante, feroce, esilarante. Chi non vuole riconoscere a questo disco lo status di pietra miliare e l’apertura di orizzonti espressivi fino a quel momento inediti per il rap italiano mente sapendo di mentire. Come tutti i begli scherzi però, sarebbe dovuto durare poco. Ma questo è un altro discorso…

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