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Jerusalem In My Heart – Daqa’iq Tudaiq

2018 - Constellation Records
elettronica / psych

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Tracklist

1. Wa Ta'atalat Loughat Al Kalam (The Language Of Speech Has Broke Down) (Part 1)
2. Wa Ta'atalat Loughat Al Kalam (The Language Of Speech Has Broke Down) (Part 2)
3. Wa Ta'atalat Loughat Al Kalam (The Language Of Speech Has Broke Down) (Part 3)
4.Wa Ta'atalat Loughat Al Kalam (The Language Of Speech Has Broke Down) (Part 4)
5. Bein Ithnein (Between Two)
6. Thahab, Mish Roujou', Thahab ((The Act Of) Departing, Not Returning, Departing)
7. Layali Al-Rast (Nights Of Rast)
8. Kol El 'Aalam O'youn (People Are All Eyes)


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Il duo audio/video Jerusalem In My Heart ritorna sull’etichetta Constellation a tre anni di distanza dal loro “If He Dies If If If If If If“. Non è un ritorno in sordina e non è nemmeno un ritorno annacquato. La stessa rabbia, disperazione e dinamismo sonoro che abbiamo trovato la prima volta, la ritroviamo ancora una volta in questo ultimo lavoro dal titolo “Daqa’iq Tudaiq“. Mescolanze di voce, buzuk, elettronica ed altre strumentazioni di Radwan Ghazi Moumneh e del contributo live del filmmaker Charles-André Coderre, costituiscono il fulcro di questo ultimo disco il cui titolo si traduce in “minuti che preoccupano/che opprimono/che tormentano” e che vede la propria struttura divisa in due parti.

La prima è una versione moderna orchestrata del classico popolare Egiziano Ya Garat Al Wadi, al cui interno si trovano un florilegio di strumenti della tradizione (come il riq, santur, kanun, ecc.) che si snoda per una suddivisione di tracce complessa attraverso movimenti virtuosistici, rumoristici che superano di gran lunga il suono tradizionale anche con un abbondante apporto di elettronica che non fa che contribuire nelle atmosfere (il rumore bianco, i riverberi, la stratificazione).

Il titolo che questa lunga composizione porta (Wa ta’atalat Loughat Al Kalam, ovvero “Il linguaggio è stato abbattuto”) è descrizione di un amore senza parole tra gli occhi di due amanti. Chiaramente, oltre al coinvolgimento intimo, qui la sfera si amplia toccando società, politica, frutto di una sedimentazione belligerante che dura da secoli e che, andando più a fondo nella “lettura” di questo disco, si fa inspiegabile, indescrivibile, impossibile da narrare con l’uso delle nostre parole comuni, o forse da qualsiasi linguaggio.

Per quanto riguarda il lato B del disco, troviamo tracce soliste di Moumneh che smontano/rimontano melodie, ritmi, armonie, parole in una spirale verso il basso in cui la ricorsività si fa tutt’uno col minimalismo abbracciando la poesia, l’avanguardia, l’ipnosi (ed è questo l’elemento padrone di questo disco, la capacità di bloccare lo sguardo, fare riflettere – che poi è la stessa cosa di “ascoltare”). E oggi ce n’è proprio bisogno. Non fatevi sfuggire queste incredibili opportunità: pensare e stare in silenzio.

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