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Tom Morello – The Atlas Underground

2018 - Mom + Pop Music
elettronica / hip hop / dubstep / rock

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Tracklist

1. Battle Sirens (feat. Knife Party)
2. Rabbit’s Revenge (feat. Bassnectar, Big Boi, Killer Mike)
3. Every Step That I Take (feat. Portugal. The Man, Whethan)
4. We Don’t Need You (feat. Vic Mensa)
5. Find Another Way (feat. Marcus Mumford)
6. How Long (feat. Steve Aoki, Tim McIlrath]
7. Lucky One (feat. K.Flay)
8. One Nation (feat. Pretty Lights)
9. Vigilante Nocturno (feat. Carl Restivo)
10. Where It’s At Ain’t What It Is (feat. Gary Clark Jr., Nico Stadi)
11. Roadrunner (feat. Leikeli47)
12. Lead Poisoning (feat. GZA, RZA, Herobust)


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Se questa recensione potesse avere un titolo sarebbe “Le incomprensibili scelte musicali di Tom Morello al di fuori dei Rage Against The Machine”. Il tempo è stato galantuomo con gli Audioslave (o voi siete fin troppo retromaniaci e nostalgici) e ancora non comprendo il perché, su The Nightwatchman e sulla voglia del chitarrista di essere epigono a metà tra Dylan e Springsteen va steso il proverbiale velo pietoso e, buon Dio, non fatemi parlare dei Prophets Of Rage, che manco la peggior tribute band del Komandante con tanto di membro ufficiale al suo interno. Salverei giusto quel tentativo di dignità con tanto di classe degli Street Sweeper Social Club, perché lì qualcosa di buono è venuto fuori, ma credo sia quasi del tutto merito del soul/fightful rap di Boots Riley dei fin troppo dimenticati The Coup.

Con “The Atlas UndergroundMorello ci prova di nuovo a reinventarsi senza farlo, ma d’altro canto è proprio quel suo modo di swippare e funkmetalleggiare che ha fatto del suo chitarrismo anormale la sua fortuna, quindi da questo punto di vista che cazzo gli vuoi dire a uno così? Che lo faccia, per Dio, piuttosto che tornare alla chitarra acustica. Diciamo che però arrivare fuori tempo massimo sembra essere la sua prerogativa da qualche anno a questa parte. Quindi, ricapitolando, da innovatore che coi RATM (re)inventò l’idea di rap e rock fusi in un’unica soluzione molotov (da dire a qualche disattento scrittore di libri sull’hip hop che non c’è nessuna faida tra i due generi, please) a fruitore del già vetusto mix dei due suddetti generi e la dubstep. Cosa cazzo fai, Tom?

Per cominciare decide di raccattare una pletora di collaboratori di estrazione casuale e li piazza su ogni brano, forse per nascondere sotto la sabbia quell’annosa faccenda di aver esaurito le idee. Ce n’è per tutti i gusti: dalla coppia d’oro Big Boi (OutKast) e Killer Mike (Run The Jewels) a quella lagna indecorosa di Marcus Mumford dei deboli eppur blasonati Mumford & Sons, passando per i cavalli di razza Wu Tang GZA e RZA e il giovanissimo (ma non proprio bravissimo) Vic Mensa. Riesce persino a ficcare in un pezzo Aoki e McIlrath, cantante dei Rise Against. Una roba da fantacalcio. Dopo aver fatto la lista della spesa tenta di combinarci qualcosa, fallendo se non miseramente poco ci manca. Inutile dire che le basi su cui il Nostro schitarreggia sono prive di profondità ma ambiscono al tentativo di risultare quantomeno varie, cosa che in effetti riesce in pieno e va da sé che lo stile di Morello è inconfondibile e qui tira fuori dal cappello sia un suono importante che una pletora di riff che in un altro contesto probabilmente avrebbero compiuto la magia.

Imbarazzante il tentativo di riportare in vita il rifferama stop’n’go dei RATM su Lucky One (e il mosciume vocale di K.Flay non aiuta) tanto quanto l’indietronicheggare dei Portugal. The Man su Every Step That I Take. Sembra strano ma funziona molto meglio la techno ultra radiofonica e killer di Steve Aoki che rende assassino un pezzo come How Long e l’electro-weird rock debitore ai The Knife di One Nation – e qui nessuno canta, sarà quello. Rabbit’s Revenge non può fallire poiché i titolari di OutKast e RTJ sono dei mostri ma è l’unica nota positiva del brano. Altra cosa è il ritmo omicida di Vigilante Nocturno, pesante mazzata hyper rock zeppa di samples e amenità simili ma che per impennarsi sul serio necessiterebbe di De La Rocha, e il trapano industrial-rap di Roadrunner con la talentuosa/misteriosa Leikeli47 a fare fuoco e fiamme col suo rap devastante (Zach non ci servi più). A chiudere la partita Lead Poisoning con i due WTC a passarsi il microfono e a rompere crani a destra e a manca. Se non partisse il ritornello dubstep sarebbe un pezzone. Però quella nota marrone parte e manda tutto gambe all’aria.

Santo cielo Morello non puoi fare un disco tutto al condizionale. Sei chi sei e fai quel che fai meglio di chiunque altro, vorrei mi dicessi cosa ti impedisce di farlo come dovrebbe un mostro del tuo calibro. Sul serio, vorrei una risposta, perché di domande ce ne siamo poste a sufficienza e dai tempi di “Renegades”, per giunta. Sarebbe ora di sapere la verità. Sarebbe, perché questo disco è un altro maledetto interrogativo: è bello o fa cagare? Così non va, Tom, proprio no.

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