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Mike Cooper – Tropical Gothic

2018 - Discrepant
experimental

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Tracklist

1. The Pit
2. Mask of Flesh
3. By The River
4. Samurai
5. Shindo's Blues
6. La'ap Blues
7. Running Naked
8. Onibaba
9. Legong/Gods of Bali


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Dopo una innumerevole serie di affreschi, Mike Cooper, si concentra su uno dei capitoli più scuri delle sue possibili composizioni. Se ci aveva salutato con “Raft” per ROOM40, che seguiva la scia della complessità di “Fratello Mare” (a sua volta abbastanza distante dal capostipite Rayon Hula), adesso il suono di Cooper si fa tangibile e diafano al contempo.

L’astrazione dei suoni rivela la sua faccia altamente concreta che immerge nell’atmosfera del titolo chiaro, che non abbisogna di ulteriori aggiunte “Tropical Gothic“. Anzi, se proprio dobbiamo fare i fiscali ,c’è anche troppo in questo titolo poiché il “tropicale” è insito nello stile del Nostro. L’elemento di novità è proprio questo gotico, che non è il gotico delle cattedrali, non è il gotico della grandezza, della maestosità, ma è il gotico filtrato nei secoli che ha visto la sua accezione “volgare” nell’800 con l’estetica dell’orrido di Wackenroder, i goblin di Füssli, le tonalità scure dei materiali, dei racconti di Hoffman, e così via.

Insomma, il gotico che ci terrorizza, che ci fa ridestare i sensi perché non sappiamo cosa aspettarci, ci lascia in uno stato di suspense perenne. E siccome la musica è (sempre) spesso evocativa, non descrittiva, “Tropical Gothic” disegna i contorni del territorio di un particolare gotico che, non per questo, dona comunque sorprese. Le regioni “del Sud” che Cooper esplora in questo suo LP il malessere di quei territori colonizzati dai poteri “europei” che hanno decimato le popolazioni locali e sottratto i loro beni per i propri scopi. Come sappiamo, il Nostro mescola l’utilizzo della chitarra (spesso la steel guitar) con field recording, cosa che gli permette di evocare brevemente dei luoghi caratteristici del terrore (The Pit), la pura contemplazione (Onibaba) e capitoli inaspettati, spensierati, luminosi (come Running Naked). E qui si conclude la prima metà del disco. La seconda metà è un solo pezzo di 18 minuti, Lelong & Gods of Bali, un flusso sonoro per ipotetici film muti fatto di ritmi distorti che volteggiano intorno alla chitarra di Cooper.

Insomma, “Tropical Gothic” è, fino ad ora, il disco più complesso di Cooper, sia come struttura che come ricerca sonora. Cooper si è addentrato nella giungla ed è improbabile che da lì voglia uscire.

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