Kaczmarek – K.A.C.Z.M.A.R.E.K.

Kaczmarek ritorna con LP dal titolo che è uno pseudo acronimo “K.A.C.Z.M.A.R.E.K.“, la sua terza uscita sulla sua etichetta sperimentale, KCZMRK. Nel 2017, la label esoterica, aveva pubblicato l’altrettanto esoterico IIIIIIIIIIIIII e i suoi relativi remix di STERAC, Vril, Lewis Fautzi, Djedjotronic, ecc.

Ecco, l’ambito in cui Paul Ritch si muove è quello della techno, ma come tutti i generi, e come tutta l’arte in genere, essa è ancora più vera quando l’autore stesso diventa opera o viene filtrato dalla propria opera, e quindi, ecco che già dal titolo si capisce che qujesto disco vuole essere qualcosa di più personale, un linguaggio da interpretare, fatto di frammentazioni e di interruzioni, di atmosfere che trascendono di molto i classici canoni della techno.Ritmi extraterrestri, aperture ambient all’insegna del dark, un dark che ricorda quasi le destrutturazioni dell’ultimo Chevel, ma che nel contempo ricorda anche gli esperimenti di JK Flesh. Beat interrotti in un ascolto che procede in maniera orbitale e non lineare.

Ed è forse questo l’aspetto più interessante della techno: uscire dal proprio territorio camminando sulla linea di confine tra ambient, musica contemporanea, IDM, kosmische, e tutte le destrutturazioni del caso. E questi dettagli sono sintomatici del fatto che questo sia un genere ancora molto vivo, capace di interrogarsi e di affermarsi.

Tra i suoi codici, Kaczmarek snoda il sound tra i vari generi, come i misteriosi stop’n’go ritmici di 7777, l’apertura astratta di 111, la magia diafana di 4444 che, in un percorso di ascolto, riescono a coprire ampi spazi per l’elettronica, così come lo spazio nero attorno alla figura centrale di copertina: un territorio ancora inesplorato che richiede coraggio per permettere l’ingresso. Regioni oscure, sì, ma attraverso espedienti illuminanti, anzi, luminosi.