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“Bug”, il rumoroso sciame dei Dinosaur Jr

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Sono una persona piuttosto rigida, ho sempre approcciato con metodo anche ciò che avrebbe dovuto essere un divertimento, come se la cura per la forma potesse mettermi al riparo dalle insidie nascoste nella sostanza delle cose. Negli anni in cui ho cominciato a spingermi fuori dal perimetro degli ascolti che ho ereditato da mio padre, molte definizioni avevano assunto un significato diverso da quello originario: “indie” è sicuramente l’etichetta più abusata degli ultimi quindici anni, appiccicata tanto al brit-rock fighetto di metà anni zero quanto alle band che oggi prosperano nel nostro Paese grazie a frasi ad effetto e ritornelli di facile presa. Avevo una vaga idea del fatto che quella parola non fosse sempre stata usata per indicare qualcosa da cui ero sicuro di volermi tenere alla larga, ma non ero abbastanza flessibile da arrischiarmi a cercare una conferma ed è per questo che ho evitato i Dinosaur Jr fino a quando il loro nome non è apparso su un cartellone dell’Hiroshima Mon Amour di Torino, nel 2013, come irripetibile occasione per fare chiarezza. La mia rigidità si traduce in una ossessione per i dettagli e quella della “formazione originale” è una delle mie fisse più grandi. Il fatto che, dalle prime superficiali indagini, i componenti dei Dinosaur Jr risultassero essere sempre gli stessi mi fornì un surplus di motivazione, così quella sera di maggio io e Federica decidemmo di andare al concerto: solo più tardi avrei messo a fuoco il fatto che quei tre non erano sempre stati insieme e che, anzi, stavano vivendo una seconda giovinezza dopo un lungo periodo di separazione.

La storia di “Bug”, il terzo disco dei Dinosaur Jr, è la storia della frattura tra J Mascis, cantante e chitarrista della band, e Lou Barlow, il bassista. Fin dal primo incontro, quando J si presentò all’audizione per diventare il batterista dei Deep Wound, la band di hardcore ipercinetico di cui Barlow era il chitarrista, questi rimase molto colpito: inizialmente era stato l’aspetto poco ordinario di J a fare breccia, ma presto Mascis avrebbe dato prova di straordinarie capacità compositive e di un gusto musicale fuori dal comune, trasformando la fascinazione di Barlow in soggezione. Certo è che si trattasse di due personalità complesse: apparentemente indolente Mascis, tormentato e introverso Barlow, in comune sembravano avere solo la scarsa capacità di comunicare. Negli anni che seguirono quell’incontro, conclusa l’esperienza dei Deep Wound e avviati i Dinosaur, Barlow si sarebbe ritratto sempre più, intimidito dalle qualità di J e ferito dal suo atteggiamento anaffettivo, ritagliandosi un ruolo da comprimario nella band per poi allontanarsi alla ricerca di spazi propri sui quali non incombesse l’ombra di Mascis. “Sebadoh” passò così dall’essere parola priva di significato che Barlow era solito canticchiare ad essere il nome con il quale Lou avrebbe pubblicato la propria musica.

Nel 1988 i Dinosaur erano sul punto di esplodere: il successo di “You’re Living All Over Me” aveva intensificato le turbolenze che attraversavano la band, nel frattempo costretta a ribattezzarsi Dinosaur Jr in seguito all’azione legale di un’omonima formazione psichedelica di San Francisco. I tre non si erano posti altri obiettivi che non fossero quello di pubblicare un disco per la SST e, come se non bastasse l’assenza di una direzione da seguire, si trovarono ingabbiati nella loro marcata identità musicale, personale al punto da divenire vincolante ora che andavano incontro ad un apprezzamento sempre maggiore. Mascis, apatico e a suo modo dispotico, non era stato in grado di gestire le relazioni con i compagni di band ed era rimasto ormai solo a guidare la sua creatura: scelse così la strada più facile e replicò la formula del disco precedente, dicendo a Lou e Murph, il batterista, cosa avrebbero dovuto suonare. Per quanto non raggiunga il livello del suo predecessore sotto il profilo della coesione della tracklist, “Bug” è comunque un capolavoro e contiene alcuni dei pezzi migliori mai scritti da Mascis. La traccia conclusiva Don’t è la rappresentazione teatrale e crudele del rapporto tra i due protagonisti di questa vicenda, con Barlow che urla fino a farsi sanguinare la gola “Why don’t you like me?” in una tempesta di rumore straziante.

Tempesta di rumore che, con atteggiamento passivo-aggressivo, Barlow portava sempre più frequentemente all’interno dei pezzi nel tour seguente, disseminando di suoni molesti e prolungati le composizioni di Mascis. Un affronto che J non avrebbe sopportato a lungo: nel luglio 1989 andò a casa di Barlow, per comunicargli che era fuori dal gruppo. L’ultimo atto (della prima parte) di questa relazione è un bignami della stessa, con Mascis che si porta Murph per delegare a lui il “lavoro sporco”, Barlow che fraintende tutto e pensa che la band si stia sciogliendo e apprende la verità solo il giorno dopo da un amico; ma rappresenta anche una prima frattura, per come mi piace raccontarmela, nella storia di un modo di intendere la musica, independent appunto, che aveva caratterizzato il decennio precedente e andava incontro ad una serie di eventi che ne avrebbero cambiato il corso: “Green Mind” infatti, il primo disco senza Lou, sarebbe uscito su una major, nello stesso anno di “Nevermind” ma diversi mesi prima.

La formazione originale dei Dinosaur Jr è tornata insieme nel 2005 e da allora ha pubblicato quattro dischi, riprendendo da dove avevano lasciato e imparando a convivere gli uni con gli altri per mettere a frutto quell’eccedenza che, a mio modo di vedere, rappresenta il loro tratto distintivo: perché J e Lou (e Murph) non sono solo personalità complesse ma anche musicisti unici e incredibili e credo che, senza la giusta maturità nessuno sarebbe riuscito a gestire l’enorme qualità che sono in grado di esprimere. Figuriamoci loro.

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