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The Prodigy – No Tourists

2018 - BMG / Take Me To The Hospital
techno

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Tracklist

1. Need Some1
2. Light Up The Sky
3. We Live Forever
4. No Tourists
5. Fight Fire With Fire (feat. Ho99o9)
6. Timebomb Zone
7. Champions Of London
8. Boom Boom Tap
9. Resonate
10. Give Me A Signal (feat. Barns Courtney)


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In sede di recensione di quella bomba atomica che fu “Invaders Must Die” un mio esimio collega disse che l’imperativo dei The Prodigy dinnanzi a cotanta violenza e rinnovamento del suono, come una nuova genesi sui fasti già diventati leggenda e al contempo feroce futuro, fosse quello di prendere “Fat Of The Land” e gettarlo nel cestino. Io invece vi consiglierei di tenervelo stretto. Perché dopo quell’album immenso uscito nel 2009 venne “The Day Is My Enemy” e la luce tectologica del genio imbattibile di Liam Howlett si fece flebile, come un ricordo ormai lontano. A voler essere gentili quello potrebbe essere letto come uno scivolone, un disco qualunque di una band qualunque, ma i The Prodigy non sono una band qualunque. Ed è proprio quando una band unica si strappa da sola le mostrine dal petto qualcosa è andato chiaramente storto.

Non sono passati nemmeno 3 anni da quel dì – divenuto nemico anche mio oltre che loro – che il trio completato da Keith Flint e Maxim Reality tenta di riottenere i gradi di generali di un movimento techno-rave con questo “No Tourists”. L’impressione che ho è che qualcosa si sia piantato al palo. L’aggiornamento del sistema operativo di “Invaders” si è piegato all’ombra di un passato pesantissimo e che qui trova spazio e ampio respiro dando l’idea che Howlett non sia in grado di andare più avanti di così. Deo gratias quest’oggettino ha un suo corredo genetico definito e imponente, a differenza dell’innocuo predecessore, questo però non giustifica l’immobilismo che sembra affliggere i tre anglosassoni. Ok che la culture club è uno spettro di cui non ci frega davvero più niente ma l’idea che mi faccio è che non ci si applichi per toccare vette futuristiche alla portata di Liam, come è sempre stato prima, ma come sembra non essere più. In una parola semplice: adagiati. Per carità, non ci si aspetta chissà quale cambio d’asse ma nemmeno il recupero pedissequo delle vertebre d’acciaio che fecero la fortuna del Prodigio.

Questo è “No Tourists”: il solito bel bus a due piani lanciato a rotta di collo nello stereo, con i bassi imbestialiti che spingono le casse al limite estremo del paranormale, le voci in filtro house smargiasso e dub infamante più le batterie pompate ad anfetamine e cattiveria sempre uguale a se stessa, roba trita e ritrita e nulla che non si possa recuperare nel capolavoro del ’97. Howlett remixa senza remixare quel che è già stato detto e lo fa con la saggezza degli anni, costruisce con fare certosino una bella collezione di brani zozzi che dal vivo faranno sbarellare chi di dovere ma nulla più, cotta e mangiata e forse già pure masticata. Se per le mani hai gli Ho99o9, che da soli potrebbero fare diavolerie innominabili, non puoi sprecarli su un brano che fila via come niente come Fight Fire With Fire (ma a ben pensarci era già accaduto con gli Sleaford Mods su Ibiza), devi in qualche modo valorizzare il male che ti porti in casa, non preparargli una tazza di té o peggio ancora usare come materiale di recupero disperato le chitarre di vent’anni fa e inserirle qui e là tanto per far massa (Light Up The Sky è un misto vergognoso di almeno 4 o 5 brani della discografia dei nostri e dopo due ascolti ha smesso di funzionare). Da firestarter a pompieri in un battibaleno.

Meno male che verso la fine del disco qualcosa di veramente delizioso viene a galla a dimostrazione che non tutto è perduto: Boom Boom Tap è un assalto big beat all’arma bianca che col suo saltellare e furoreggiare picchia in testa come un mattone di piombo e Champions Of London rapina un remix di un classicone e Run With The Wolves ma lo fa senza copiarsi più di tanto inchiodando al muro con la classe dei punk imbruttiti dal lavoro in fabbrica e imbottiti di rabbia e odio inequivocabile vagliati dalle voci di Keith e Maxim, come le sferzate industriali e digital hc a là Meat Beat Manifesto di Resonate e l’Ade cyberpunk di Give Me A Signal. Ma per tanto così basta un EP, oppure nulla, che a volte è anche meglio.

Teneteveli stretti quei dischi di cui sopra perché temo che da qui in avanti la minestra riscaldata sarà l’unico piatto che lo chef inglese del male sintetico vi propinerà. I Prodigy sono invecchiati e si sente e pare non si siano accorti di quanto l’elettronica si sia evoluta negli ultimi 10 anni e il fatto che sia anche merito loro francamente rende la faccenda piuttosto triste.

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