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Basement – Beside Myself

2018 - Fueled By Ramen
alternative rock / emo

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Tracklist

1. Disconnect
2. Be Here Now
3. Nothing Left
4. Ultraviolet
5. Keepsake
6. Changing Lanes
7. Stigmata
8. New Coast
9. Just A Life
10. Slip Away
11. Reason For Breathing
12. Right Here


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Che i Basement non fossero una mina vagante, quanto piuttosto un quintetto di giovanotti in Converse e maglie sbiadite pronti a prendersi un posto nel panorama rock moderno, era chiaro fin dall’inizio. E per inizio si intendano ovviamente quei due capolavori che rispondono al nome di “I Wish I Could Stay Here” e “Colourmeinkindness”, spartiacque contemporanei per tutta quella tribù underground cresciuta consumando album grunge e melodic hardcore. Che lo hiatus del 2012 non fosse la fine, ma solo un periodo di stallo per riordinare le idee e tornare in pompa magna, fu chiaro già da “Further Sky”, un po’ finito nel dimenticatoio di fronte alla spinta propulsiva del successivo “Promise Everything”, la cui sola Aquasun riuscì a mandare in frantumi i cuori di tutti i fan dei ragazzi di Ipswich. 

Sarebbe troppo banale dire che “Beside Myself”, album di studio numero quattro, sia di fatto l’opera migliore del secondo ciclo vitale dei Basement, ma tant’è. Passati dalla Run For Covers alla Fueled By Ramen, e capaci di radunare Colin Brittain (Dashboard Confessional, 5 Seconds of Summer) e Rich Costey (At The Drive In, Deftones) rispettivamente alla produzione e al mixaggio, i Nostri indossano l’abito degli innovatori e dei rivoluzionari, catapultando nuovamente gli ascoltatori in un mare magnum di malinconia e drammaticità, se possibile ancora più personale.

Errore, da non commettere, sarebbe quello di aspettarsi (o sperare) in un ritorno ai vecchi fasti della band: qua si va ben oltre, si plasmano il rock e le sue variabili più emo attorno ai testi cantati da Andrew Fischer, capace di tenere ben salde le redini di “Beside Myself” nel corso di tutte le sue incredibili dodici tracce. A farla da padrone è il binomio chitarre-voce, in grado di tessere una tela di armonie catchy al punto giusto, tanto da trasformare i ritornelli di brani come Disconnect e Be Here Now in veri tormentoni che si incollano in testa come un pezzo di scotch dietro a una vecchia fotografia ricca di ricordi. Nella prima sezione della nuova fatica discografica dei Basement ci sono spunti alternative rock e pop punk che riescono sempre a essere piacevolmente diversi dal trito e ritrito ascoltato in questi generi da vent’anni a questa parte (Nothing Left, Keepsake). Si ritaglia spazio anche la ballad di turno degna di un full length di questo respiro (Changing Lanes), che spezza in due “Beside Myself” segnando una cesura che accompagna a una “parte seconda” completamente nuova per il sound della band.

Stigmata è un mix di Deftones, Mineral e Balance and Composure che lascia sbalorditi per intensità e pragmatismo sonoro, ovviamente sorretto da una lyrics (“It feels like,we’re falling in the dark”) che sarà senza dubbio fra le più emotivamente entusiasmanti dell’intero album. Nondimeno Reason For Breathing, culmine estremo del cambio di rotta del quintetto: un riff cattivissimo imbastito sopra le melodie del mattatore Fischer che trasmette il suo sentimentalismo a piene mani come un moderno profeta uscito dai ‘90s.

Mentre New Coast, Just A Life e Slip Away migrano con destrezza tra Alkaline Trio, Pedro the Lion e Jimmy Eat World, la straziante Right Here impacchetta il tutto, consegnando un album di ritorno dalle potenzialità indubbie, necessario per dare un nome e cinque volti al rock della contemporaneità.

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