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Unknown Mortal Orchestra – IC-01 Hanoi

2018 - Jagjaguwar
psichedelia

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Tracklist

1. Hanoi 1
2. Hanoi 2
3. Hanoi 3
4. Hanoi 4
5. Hanoi 5
6. Hanoi 6
7. Hanoi 7


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Durante la stagione dei monsoni il Vietnam può diventare particolarmente inospitale. Ne sa qualcosa Ruban Nielson, deus ex machina degli Unknown Mortal Orchestra, che un anno fa ha trascorso qualche settimana ad Hanoi per registrare alcuni dei brani finiti poi su “Sex & Food”, arrivato nei negozi di dischi lo scorso sei aprile. Costretto a rimanere rintanato nei Phu Sa Studio per intere giornate a causa delle condizioni climatiche avverse, il poliedrico artista neozelandese ne ha approfittato per fare un po’ di lavoro extra e mettere insieme una manciata di pezzi strumentali che poco o nulla hanno a che fare con l’incredibilmente liquida neo psichedelia a bassa fedeltà che lo ha reso famoso – o, per meglio dire, che lentamente lo sta rendendo famoso.

Le sette tracce senza titolo contenute in “IC-01 Hanoi” sono il frutto di una serie di jam session letteralmente torrenziali nel corso delle quali Nielson si è preso la libertà di esplorare in profondità un territorio che precedentemente si era limitato solamente a sfiorare, ovvero quello del jazz. Più precisamente di un torrido jazz rock di matrice settantiana, acidissimo e psichedelico (tanto per cambiare).

Il polistrumentista poliamoroso – per l’occasione accompagnato dal fratello Kody alla batteria, dal padre Chris al sassofono e alle tastiere, dal solito Jake Portrait al basso e dal musicista vietnamita Minh Nguyen al sao truc, il flauto tradizionale del sud-est asiatico – attinge a piene mani sia dalle digressioni etno-funk del Miles Davis del periodo “On The Corner”, sia dalle lucide follie krauteggianti dei mai dimenticati Can del capolavoro “Tago Mago”.

Vi sono piaciute le melodie zuccherine e l’R&B effetto citofono di “Sex & Food”? Mettetevi l’anima in pace: qui non ne troverete neanche l’ombra. Quello che resta degli Unknown Mortal Orchestra come li abbiamo conosciuti fino a oggi sono quelle atmosfere eteree, sospese – direi addirittura con qualche sfumatura di indolenza e malinconia – che nei ventotto minuti di “IC-01 Hanoi” tendono a diluirsi in un magma indistinto e ribollente di sperimentazioni ardite e fusion “hipsterica”. Il tutto scorre fluido e senza freni: poco o nullo lo spazio per brani con strutture precise o temi ripetuti di tanto in tanto.

In molti casi la musica si trasforma in un gorgogliante e ripetitivo sottofondo in stato di liquefazione; un tappeto sonoro brulicante di effetti che, senza mai essere davvero invadente, crea il mood migliore per gli sterminati assolo di flicorno di Hanoi 5 (come facilmente intuibile l’episodio più davisiano in scaletta) o di sax di Hanoi 6. La monotonia sonnolenta che domina nei primi sette minuti di questo pezzo (nel quale fa la sua scomparsa anche uno strumento che sembra uno scacciapensieri, ma probabilmente mi sbaglio) nella coda esplode in un bel delirio percussivo-tribale che per poco non sfocia nel noise.

Lo stesso noise che, nell’iniziale Hanoi 1, prova a prendere il sopravvento cavalcando una saturissima chitarra elettrica: peccato che dopo soli ottanta secondi sia già tutto finito. Altrove si fanno largo sonorità di ben altro genere: dal dub gassoso e riverberante di Hanoi 2 e Hanoi 7, passando per il funk grezzo, sincopato e alieno di Hanoi 4 e Hanoi 5 o le tinte notturne alla Angelo Badalamenti di Hanoi 6, in “IC-01 Hanoi” il buon Ruban Nielson veste di abiti nuovi la sua affascinante creatura psichedelica.

Ma gli Unknown Mortal Orchestra non sono la Mahavishnu Orchestra, e nel pericoloso campo del jazz rock rischiano in più di qualche frangente di inciampare nella maniera goffa in cui cadono coloro che, peccando di presunzione, tentano di mettersi alla prova con qualcosa che non rientra nelle loro corde. Un album interessante e piacevole, ma anche un pizzico pretenzioso.

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