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Back In Time

Back In Time: THE RADIO DEPT – Lesser Matters (2003)

Radio Dept

Dici Svezia e pensi agli ABBA, agli Europe, ai Roxette, magari ai Refused e a una foltissima schiera di band metal, a una grande tradizione letteraria, a Zlatan Ibrahimovic e Björn Borg. Eppure, la Svezia ha dato i natali anche ai Radio Dept., una delle più ispirate – ma sottovalutate – band (dream) pop del nostro tempo.

L’anima dei Radio Dept., allora come oggi, era costituita da Johan Ducanson e Martin Larsson, i cui primi vagiti come duo risalgono al 1998. Tre anni più tardi, con l’ingresso di Lisa Carlberg – all’epoca fidanzata di Martin – al basso, Per Blomgren alla batteria e Daniel Tjäder alle tastiere (quest’ultimo non ancora in pianta stabile), i Radio Dept. iniziano a muovere davvero i primi passi come band e le loro prime incisioni valgono la firma con la connazionale Labrador Records, la stessa per la quale, due anni più tardi, viene pubblicato “Lesser Matters“, accolto con grandissimo entusiasmo praticamente da tutta la stampa specializzata e, in particolare, da NME.

In un periodo di smaccate tendenze revivalistiche che trasformano molti prodotti discografici in emulazione stantia e pedissequa del passato e in una fase in cui si avverte il cambio di paradigma dell’idea stessa di pop, sempre più associato al mercato di consumo, vede la luce “Lesser Matters“, che entra così a gamba tesa in un momento di stanca per il genere a livello internazionale. Nonostante ciò, i progenitori di “Lesser Matters” sono facilmente riconoscibili: dai Pastels ai primi Jesus And Mary Chain, passando, inevitabilmente, per i successivi sviluppi del dream pop e dello shoegaze, fra Slowdive, My Bloody Valentine e, in misura minore, Cocteau Twins.

Radio Dept

A Too Soon spetta solo il compito di aprire un disco che decolla subito con Where Damage Isn’t Already Done e la sua struttura ciclica, carica di dolcezza e violenza. Su questa melodia così ossessiva, di quelle che non si dimenticano più dopo un solo ascolto, si staglia una voce quasi sussurrata, mantenendo il pezzo in sospensione, elemento che caratterizzerà il prosieguo del lavoro. Ma il trittico d’apertura è semplicemente fulminante: prima un fiume di riverberi travolge Keen On Boys e scopre l’animo più shoegazy degli svedesi, poi, con Why Won’t You Talk About It?, i suoni si fanno più ovattati e distorti e si immergono nei feedback. Sono già tre instant classic, ma “Lesser Matters” non è neanche a metà strada. It’s Been Eight Years si culla su schemi da ballata e scivolerebbe anche più leggera, ma il brano acquisisce lentamente una fortissima carica emozionale, specie durante la languida “I want something that I can’t have, that I can’t have” che, inserita in un contesto del genere, non passa inosservata.

Le note mielose di Bus conservano tutta la malinconia che permea il disco e, dopo la strumentale Slottet #2, “Lesser Matters” conosce un nuovo clamoroso acuto, con una piccola gemma incastonata nella sua fase centrale: 1995. Il brano cita in maniera tanto spudorata quanto educata 1979 degli Smashing Pumpkins, ma segue un percorso proprio, con uno straziante climax che culmina in “and though I’m happier now, I always long somehow” durante un delizioso dialogo fra chitarra acustica e voce, mentre i sintetizzatori disegnano il contorno in scala di grigi. Leggermente più secca e ancora ovattata è Against The Tide, sospesa fra le solite atmosfere oniriche e una batteria scheletrica ma martellante, quindi si arriva a un altro degli episodi più importanti di “Lesser Matters” e di un’intera discografia: Strange Things Will Happen. Il brano è un’autentica cascata di miele, fra profumi e colori autunnali – evocati anche da liriche fra le più belle dell’album – su cui svetta la voce morbida e quasi bianca di Lisa Carlberg.

Il disco si avvia verso la conclusione, ma i Radio Dept. non hanno ancora sparato tutte le cartucce. Prima, il testo di Your Father suggerisce un amore omosessuale osteggiato da uno dei due padri e finito male e culmina in un finale che, fra liriche e musica, diventa un autentico pugno nello stomaco, poi Ewan offre qualche timido spiraglio di luce, inerpicandosi sull’incontro fra tastiere e chitarre distorte, fra robuste linee di basso e una batteria sporca. A suggellare in maniera definitiva “Lesser Matters” è Lost And Found, uno degli epicentri emozionali dell’album, che sfuma prima con quel “so I’ll see you someday, I’ll see you someday, see you someday” ripetuto ossessivamente, quasi a volersi autoconvincere di qualcosa che non avverrà, poi con una chitarra leggera, avvolta da un’elettronica come sempre fondamentale, ma mai invadente.

Lesser Matters” è un autentico gioiello (dream, indie, a tratti addirittura noise) pop degli anni zero. Un capolavoro troppo spesso dimenticato, di una band che non ha mai avvertito l’urgenza dei riflettori, ma che avrebbe meritato più attenzione di quella di cui ha goduto e gode tuttora. Un disco da custodire gelosamente, da conoscere e da far conoscere, da cantare e da piangerci su, di quelli che penetrano sottopelle e non vanno più via. E che – statene certi – è invecchiato benissimo. Tre lustri alle spalle, ma non è tardi per innamorarsene.

Radio Dept

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