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Jean C. Roche – Birds Of Venezuela

2018 - Sub Rosa
field recording

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Tracklist

1. Ocumare
2. Gran Sabana
3. Rancho Grande
4. Palmar
5. Guanare – Barinas


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David Toop entra tranquillamente nella lista degli “avventurieri”, o almeno, se dovessi essere un avventuriero, io sceglierei David Toop. Antropologo, giornalista, appassionato di musica e documentalità, annovera il disco “Birds of Venezuela” di Jean C. Roche tra i più stupefacenti che abbia mai ascoltato. Conseguentemente ha pianificato un viaggio in Amazzonia per andare alla ricerca di suoni sciamanici. Ecco, questo è solo un piccolissimo cappello per aiutare a capire che cosa abbiamo di fronte ai nostri occhi (alle nostre orecchie): un disco del 1973 che registra e cataloga una moltitudine di specie di uccelli dai suoni inaspettati. Per esempio, l’uccello che vedete in copertina, il potoo, è una vera e propria curiosità frutta delle stranezze della natura. Il suono che produce è una canzone di morte che nel 1978 il nostro David Toop è stato in grado di ascoltare durante una spedizione, ma sfortunatamente non è stato capace di registrarlo: lo stupore gli ha giocato davvero un brutto scherzo.

Ma è proprio Jean C. Roche che invece si è sempre dedicato allo studio del suono degli uccelli :“Ho registrato canti di uccelli in India Occidentale nel 69. Ciò mi ha spinto a spostarmi verso il continente sudamericano. La cosa mi ha convinto, musicalmente parlando. Gli uccelli possiedono un’originalità disarmante rispetto agli uccelli che si trovano in Europa o in Africa. Quindi ho deciso di intraprendere una serie di viaggi a scopo ornitologico in questo continente partendo dal Nord: Venezuela, sbarco a Caracail il 27 maggio 1972. Il volume inusuale di questa regione tropicale ha avuto un forte impatto fin dall’inizio dove il cinguettio stridulo delle cicale mi ha sopraffatto ogniqualvolta passavo sotto un albero.Di notte i rospi e le rane organizzavano concerti che smorzavano ulteriori ruomori intorno. Quando ho ho avuto modo di addentrarmi nella foresta, ho potuto sentire dozzine, centinaia di specie di uccelli chiamarsi e cantare dall’alba al tramonto”.

Questo diario di bordo, che ci fa venire in mente il più avventuriero tra gli avventurieri – Levi-Strauss – , ci dà subito quella dimensione di mistero e di ricerca che, portata alle sue estreme condizioni, fa capire quanta pazienza e quanto sudore siano necessari per concepire, catturare e far ascoltare determinati suoni. E questo è un percorso che si fa, al di là della ricerca naturalistica, con lo scopo di trovare l’evento (si pensi a grandi field recordist come BJ Nilsen o Chris Watson) che più possa farci rendere conto dell’effettività del suono. Mi spiego meglio: un conto sono le caratteristiche del suono, e un altro è come vengono utilizzate quelle caratteristiche. Venendo alla pratica, ad esempio, nel primo solco del disco, i suoni nella regione di Ocumare danno il meglio nei loro richiami piuttosto che negli apparenti cinguettii solitari, questo vale anche per gli uccelli della Gran Sabana, le cui modulazioni sovrastano i suoni circostanti (proseguono come un fischi meccanici in toni alternati, crescenti e decrescenti). A Rancho Grande invece spunta all’improvviso, come gli uccelli degli orologi a cucù con brevi fischi a intermittenza rapida, a seconda dell’occasione; o nel Palmar, uno starnazzare mescolato al gorgoglio, come se fosse sorto un ambiente composito, ricco di multilinguismo in cui razze e specie diverse si incontrano.

Ecco, molto oltre la ricerca tassonomica, questo disco ha il pregio di “fotografare” eventi, forme di vita che, nel loro insieme, riescono a descrivere il brulicare, il rumore della vita che probabilmente non saremo mai in grado di vivere in prima persona… fin’ora, ovviamente.

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