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The 1975 – A Brief Inquiry Into Online Relationships

2018 - Dirty Hit / Interscope
Rock / pop / elettronica / funk / jazz

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Tracklist

1. The 1975
2. Give Yourself a Try
3. TOOTIMETOOTIMETOOTIME
4. How to Draw / Petrichor
5. Love It If We Made It
6. Be My Mistake
7. Sincerity Is Scary
8. I Like America & America Likes Me
9. The Man Who Married a Robot / Love Theme
10. Inside Your Mind
11. It’s Not Living If It’s Not With You
12. Surrounded by Heads and Bodies
13. Mine
14. I Couldn’t Be More in Love
15. I Always Wanna Die (Sometimes)


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Cari lettori, quei pochi perditempo rimasti che ancora leggono inutili recensioni, temo sia arrivata l’ora di arrendersi a una triste verità: i The 1975 sono l’unica band “mainstream” (o commerciale, come vi pare) che merita rispetto e attenzione. Ci tocca ammetterlo per un singolo fattore, quello che potremmo considerare come il loro miglior pregio e peggior difetto: un’ambizione senza limiti, corredata da una visione senza compromessi. Questo porta un album, preceduto da deliranti dichiarazioni e press release “non digitali”, che si pone come semplice obiettivo l’analisi del mondo modificato dai social network, come “A Brief Inquiry Into Online Relationships” a essere paragonato dalla critica a “Ok Computer“, comparazione nemmeno così fuori luogo come potrebbe sembrare. Di propositi fuori portata che ci hanno portato solo musica mediocre quest’anno ne abbiamo sentiti tanti, eppure, forse, questa volta possiamo dire che non stavano esagerando.

Quindi, insomma i quattro inglesi si spogliano definitivamente delle definizioni in stile “boy band degli anni ’10” che avevano inquinato anche il loro precedente pregevole lavoro? Neanche per sogno! Sia mai lasciar pensare all’ascoltatore di essersi sbagliato sulla loro tendenza a confezionare dimenticabili canzoni per post adolescenti. Ecco quindi che, già dal titolo, il singolo TOOTIMETOOTIMETOOTIME arriva a confortarci, una canzonetta che ben può sedere in classifica accanto ad Ariana Grande o Sfera Ebbasta. Eppure, cercando nelle suddette classifiche della peggior immondizia, non la troverete, come mai? Perché chiunque si mette in testa di ascoltare i The 1975 inevitabilmente finirà per dover ascoltare anche il resto. Una serie di pezzi decisamente più complessi e pensati; su tutti, la soffusa svisata jazz di Mine, dove i nostri addirittura vorrebbero evocare il fantasma di John Coltrane e, incredibilmente, ci riescono.

E’ un ascolto che, superati i singoli, piazzati tutti in apertura ovviamente, sembrerebbe iniziare a perdere potenza. E proprio qui i nostri separano gli uomini dai topi, ché prestando la giusta attenzione anche a tracce apparentemente riempitive come How to Draw e The Man who Married a Robot verrete ricompensati con arrangiamenti delicati e attentissimi. Quel che lega gli esperimenti (se di tali ancora si può parlare) disseminati su ABIIOR è un estremo rispetto per l’ascoltatore e una certosina attenzione affinché ogni pezzo sia al posto giusto. Ancora pervade la loro musica in maniera ben più percepibile del passato il fantasma baldanzoso e giocoso degli INXS, come evidente dalle atmosfere pienamente eighties di It’s Not Living If It’s Not With You. Come combinare tutte queste influenze importanti con il loro pubblico di quindicenni urlanti poi, non so, ma già il fatto di portarle ad ascoltare queste cose, tanto di cappello.

Cosa dire, invece, del loro ambizioso obiettivo lirico, apparentemente altrettanto importante rispetto a quello musicale? A primo sguardo, i testi del buon Healy sembrano mancare della necessaria introspezione per affrontare un argomento vasto e complesso come le relazioni online. Eppure, perfino uno che vorrebbe vedere bruciare il mondo un giorno sì e l’altro pure come il sottoscritto, non riesce a non essere d’accordo con l’attitudine realista di Love It If We Made It e il messaggio di quieto ottimismo e speranza nel prossimo. D’altronde come non amare un pezzo che si apre con urla di “FUCKING IN A CAR – SHOOTING HEROIN”, il messaggio perfetto per un’epoca in cui lo shock ha perso ogni valore. O come non commuoversi un minimo quando viene dedicato un delicato momento acustico a una ragazza incontrata alla clinica di riabilitazione dall’eroina alle Barbados dal cantantino, Surrounded by Heads and Bodies? Il titolo viene tra l’altro dalla prima frase di Infinite Jest di David Foster Wallace, libro che tanti hanno cominciato e mai finito, un po’ come la riabilitazione della ragazza stessa… Insomma i nostri non sono così sprovveduti come sembrano, o forse sì?

E’ proprio su questa sottile linea tra ingenuità e consapevolezza che “A Brief Inquiry Into Online Relationships” gioca le carte necessarie per confermarsi come l’album perfetto per la nostra epoca: ipocrita, realista, ottimista, pessimista, confuso, chiaro, distinto, uguale a tanti. Vorrebbe essere tutto contemporaneamente per tutti, senza mai impegnarsi troppo, l’ideale per ogni umore e momento della giornata. Il fatto che sono più le volte che riesce a essere all’altezza, di quelle in cui casca di faccia, è testamento della capacità non sottovalutabile dei quattro di avere due dita ferme sul polso di un’epoca complessa, riuscendo a incanalare i loro talenti musicali in un unicum provocante e provocatorio. I quattro sono lì a guardarvi negli occhi, incitandovi a odiarli e non ascoltarli più, prendendo ‘sta benedetta decisione una volta per tutte. Provateci pure, se ci riuscite, davvero non vi biasimo. Per quanto mi riguarda, comunque, mi tocca ammettere che “A Brief Inquiry Into Online Relationships” è – ahimé – uno dei migliori album dell’anno.

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