Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Soilwork – Verkligheten

2019 - Nuclear Blast
melodic death metal

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Verkligheten
2. Arrival
3. Bleeder Despoiler
4. Full Moon Shoals
5. The Nurturing Glance
6. When The Universe Spoke
7. Stålfågel
8. The Wolves Are Back In Town
9. Witan
10. The Ageless Whisper
11. Needles And Kin (feat. Tomi Joutsen/AMORPHIS)
12. You Aquiver


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Perché band come In Flames e Soilwork si ostinino a far uscire album su album per me rimarrà un mistero insondabile. Se i primi (in uscita anch’essi con un nuovo lavoro proprio quest’anno…”rabbrividiamo” cit.) hanno quantomeno provato in tempi non proprio recenti a muoversi altrove e nel caso di due album con risultati eccellenti – salvo poi cagarsi addosso e tornare sui propri passi – i secondi sono 13 anni che non si muovono dal loro posto continuando a propinarci il solito melodic death metal stantio copincolla di centododici altre cose, fatte in casa, fatte da altri, insomma dove ti giri ne trovi una. Ora che i padroni di casa At The Gates sono tornati dal mondo dei morti direi che si potrebbe anche finirla qui. Così, tanto per dire.

Verkligheten” è nientemeno che l’undicesimo album in studio per la band di Björn Strid e, se prendiamo come eccezione l’immenso “Natural Born Chaos”, è l’ennesima robetta da nulla. Gli svedesi seguitano a proporre l’imbarazzante formula grida-clean più melodie aperte-grida-assoli-grida-grida-melodie-melodie-grida e avanti così per un’altra mezz’ora buona, e in qualche caso potrebbe pure funzionare, ma non su tutti – e sottolineo TUTTI – i brani, cosa che li rende irrevocabilmente intercambiabili al limite della vergogna più imperitura, sapete, quando guardate qualcuno fare qualcosa di così tremendo che vorreste scomparire al posto suo, no?

Sbandierato un ritorno alle origini heavy metal e dimostrato con riff al limite dell’ammuffito rockarollesco come quelli di The Nurturing Glance (che però è proprio uno di quei casi di melodia vocale pregevole, perché Strid in fondo è proprio bravo), la minestra è stata riscaldata così tante volte da assumere un sapore a dir poco raccapricciante. A poco valgono gli insert synth prog, o i blast beat (immondi però, oh, anche il batterista Bastian Thusgaard è proprio bravo eh) di When The Universe Spoke ed Arrival (quest’ultima un tentativo francamente deboluccio di recuperare le influenze del solito divin Devin), tanto che roba tipo Stålfågel potrebbe essere uscita tranquillamente nel 2001, e già allora avrebbe fatto tristezza (i cori femminili, signori, quei cori, per cortesia un minimo di fantasia non guasterebbe, sul serio), ma tanto chissenefrega, a certi metallari ‘sta roba piace un frego, quindi che il mondo vada pure avanti per i cazzi suoi.

Però la copertina è bella, con quel misto delicatissimo di art nouveau e Möebius. C’è la possibilità di avere solo quella e buttare via il disco? No? Allora come se. Ci rivediamo qui tra dieci anni, stessa spiaggia stesso mare.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni