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Joseph Shabason – Anne

2018 - Western Vinyl
elettronica / jazz

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Tracklist

01. I Thought That I Could Get Away With It 
02. Deep Dark Divide 
03. Dangerous Chemicals 
04. Donna Lee 
05. Forest Run 
06. Fred And Lil 
07. Toh Koh 
08. November feat. Gigi Masin 
09. Treat It Like A Wine Bar


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La memoria conduce a dei processi davvero particolari per ricordare, per ricordarsi (forse il gradino più alto da superare per poter ammettere che la memoria sia tale è quello che ci permette di confermare che stiamo ricordando, che abbiamo memoria della memoria stessa, un livello trascendentale del ricordo che non ha eguali nella nostra attività istoriale, se non addirittura storica).

Ebbene, Joseph Shabason ricorda una figura molto importante della sua vita: la madre Anne, sopravvissuta assieme a suo padre all’eccidio da parte dei nazisti. Suo padre, in seguito, non ha retto la sua sopravvivenza dopo le atrocità vissute nel campo di concentramento. La madre, unica sopravvissuta effettiva di quell’“esperienza”, una sopravvivenza interiore che verrà testimoniata in colloqui registrati che compongono le tracce del disco. La testimonianza, parola chiave ed eteronoma rispetto a “memoria” è ciò che rende questo disco “magico”, misterioso. La voce della madre è parzialmente nascosta dagli altri suoni (come segno di rispetto, sostiene Shabason: l’eleganza dell’ignoto è cifra stilistica superiore alle altre – si pensi alle filosofia ebraiche e non, in campo estetico o religioso, che hanno fatto dell’ascoso una sacralità, una forma di conservazione della bellezza che on può essere né divulgato, né spiegato, ma compreso, intuito, ammirato, indiscernibile dall’apofatismo, esperienza della mistica quotidiana in cui l’etica si mescola all’estetica e in cui rispetto e bellezza camminano mano nella mano). L’unione di speaking e musica era un’impronta che il Shabason aveva già lasciato nel precedente “Aytche” con il pezzo Westmeath, pezzo climax del disco che già in nuce possedeva tutti gli elementi con cui sviluppare “Anne“.

Ecco che però la portata noise (che in Aytche entrava a spron battuto con eserciti di chitarre e altri walls of sound) viene messa da parte per un dialogo intimo che custodisce il proprio segreto. Il sax, chiaramente elemento centrale (ma non prepotente o preponderante), si inserisce in alcove elettroniche fatte di arpeggi di synth, morbidi sottofondi e pulsazioni, o semplicemente armonie basiche che con la loro semplicità (e non banalità, ma semplicità, una cosa molto difficile da ottenere, spesso) guidano dentro ciascun mondo all’interno dei singoli brani. Ebbene, memorie, rimpianti, dubbi, aspirazioni, una carrellata di passioni che attraverso una superficie opaca attraversano tutto il disco (Deep Dark Divide, Dangerous Chemicals, Donna Lee, – Forest Run tocca le corde del sentimento senza proferire parola). Nel disco si vede anche la collaborazione di Gigi Masin per il caldo November.

Anne” è un documento, prima che un disco. Testimone del fatto che non ci sono testimoni perfetti, che ogni testimonianza è già un atto di fede.

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