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Laurie Spiegel – The Expanding Universe / Unseen Worlds

2019 - Unseen Worlds
elettronica

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Tracklist

Expanding Universe:
01 Patchwork 
02 Old Wave 
03 Pentachrome 
04 A Folk Study 
05 Drums 
06 Appalachian Grove I
07 Appalachian Grove II 
08 Appalachian Grove III 
09 The Expanding Universe 
10 East River Dawn 
11 The Unquestioned Answer 
12 The Orient Express 
13 Clockworks
14 Dirge I 
15 Dirge II 
16 Music for Dance I 
17 Music for Dance II 
18 Kepler's Harmony of the Worlds 
19 Wandering in Our Times 
 
Tracklist Unseen Worlds:
01 Three Sonic Spaces I
02 Three Sonic Spaces II
03 Three Sonic Spaces III
04 Finding Voice
05 The Hollows
06 Two Archetypes: Hall of Mirrors - I
07 Two Archetypes: Hurricane's Eye – II
08 Sound Zones
09 Riding the Storm
10 Strand of Life ("Viroid“)
11 From a Harmonic Algorithm
12 Passage

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Qui parliamo di un presente che ha una lunga storia alle spalle. Noi oggi pensiamo all’elettronica come qualche cosa di avveniristico, che cambia i destini dei modi d’uso. Nel caso della musica, sembra quasi che ne cambi le regole (ammesso che ci siano mai state) con i suoi strumenti e con le varie maniere di intenderla (per esempio dalla melodia si passa ai rumori; dai rumori si passa alle loro alterazioni; e così via fino ad un lento cammino verso il non-riconoscimento della sorgente).

Ebbene, come potevate immaginare, non è così. Il cammino della musica elettronica non è di tipo evoluzionistico (forse le forme artistiche in generale), non segue il progresso, non cerca un punto d’arrivo in quello che noi immaginiamo debba essere “il traguardo”. Dovremmo sempre (questo avverbio va sottolineato) tenere a mente l’opinione di Jean Michel Jarre quando il tipico giornalista fa la sua domanda “esotica”, come i colonizzatori che vedono indigeni da fotografare e gli danno un oggetto di uso comune (da civilizzato) per vederne la reazione: come si definisce la musica elettronica? Jarre, da buon francese (ovvero, senza dosi eccessive di simpatia o di accomodamento), reputa la domanda stupida, come se Beethoven o Mozart “avessero prodotto musica meccanica”, poiché “non-elettronica”. Ecco, ora basta parlare di elettronica come se fosse roba da nerd con sindrome di asperger o da cervelloni che fanno vivere le proprie macchine senza che il musicista intervenga. Musica elettronica è musica definita tale poiché utilizza strumenti elettronici. Ma come tali, sono strumenti: poi bisogna trovare qualcuno che li sappia “suonare”.

Il caso di Laurie Spiegel ha a che fare proprio con quest’ottica non evoluzionistica dell’elettronica. Due dischi che oggi vengono riediti (“The Expanding Universe del 1980 e “Unseen Worlds” del 1990) e che fanno intendere quanto quello che è stato fatto “ieri” sia ancora molto attuale, se non addirittura avveniristico. Ma ci vuole poco per farsi quest’idea. Basta ascoltare alcune tracce per farci venire in mente Ursula Bogner/Jan Jelinek, Kit Clayton, Deadbeat, Rimarimba, e potrei ancora continuare. Se prendiamo il primo disco, che combina armonie lente con textures ricche di armonie e ritmi complessi (vengono chiamati in causa Fahey e Bach, giusto per dirne una), viene tutto composto usando il GROOVE system nei Bell Laboratories negli anni ’70.

Per quanto riguarda invece il successivo “Unseen World (che prende spunto dall’esagramma #16 dell’I Ching “Entusiasmo”) è qualcosa di abbastanza diverso. Avendo vissuto diverse esperienze con varie strumentazioni, la Spiegel decide di utilizzare e originare uno strumento tutto suo: Music Mouse – An Intelligent Instrument, uno strumento specializzato per le sue composizioni (successivamente la Macintosh, Amiga e Atari metteranno in vendita Music Mouse). Ecco, il disco fu un completo disastro in termini commerciali e (storicamente, fino ad oggi) è finito nel dimenticatoio. In sostanza, possiamo considerare la riedizione di questo disco come la prima vera e propria pubblicazione. Anche “Unseen World non si basa su melodia e ritmi, ma esclusivamente su textures, pulsazioni e ambienti sonori. Insomma, vengono uniti il tecnico e l’artistico e fa rivivere la “realtà virtuale” che in quegli anni ossessionava la (sub)cultura – vediamo adesso cos’è la virtualità e in che termini siamo progrediti rispetto ad essa.

Ed erano quelli i luoghi inesplorati del suono, i mondi sconosciuti della composizione, della musica, Unseen, appunto. Unseen e unheard per davvero molto tempo, fino ad oggi.

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