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The Twilight Sad – IT WON/T BE LIKE THIS ALL THE TIME

2019 - Rock Action Records
post punk / synth pop /dark wave

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Tracklist

1. [10 Good Reasons for Modern Drugs]
2. Shooting Dennis Hopper Shooting
3. The Arbor
4. VTr
5. Sunday Day13
6. I/m Not Here [missing face]
7. Auge_Maschine
8. Keep It All ToMyself
9. Girl Chewing Gum
10. Let’s Get Lost
11. Videograms


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Meno male che sono curioso, soprattutto quando si tratta di etichette appartenenti a band che amo, altrimenti mi sarei per perso per strada i The Twilight Sad, nel marasma di uscite che ci affliggono come una grandinata di calcinacci. Loro sono scozzesi e allora indovinate un po’ di che etichetta sto parlando? Della Rock Action, ovviamente (se avete azzeccato la risposta prima di leggerla, beh, bravi).

I Mogwai raramente sbagliano, hanno l’occhio, pardon, l’orecchio lungo e se già dovremmo esser loro grati per aver portato ad occidente gli Envy oggi dobbiamo rendere grazie per spingere la scena della plumbea terra degli Highlander. La band trainata dal cantante James Alexander Graham giunge con “IT WON/T BE LIKE THIS ALL THE TIME” al quinto lavoro in studio e, dopo un attento recupero degli altri quattro, direi decisamente al punto più alto della carriera. Il demone dell’ispirazione entra nei corpi dei rispettivi membri del quintetto fulminandoli sulla via del tour coi Cure e qualcosa Smith e soci nelle vene dei Nostri la inoculano – fortunatamente evitando di creare l’ennesimo epigono stucchevole – forti di un amore già conclamato per certo shoegaze meritevole.

C’è tanto in questo disco, eppure vi troviamo un senso di coesione non da poco e i The Twilight Sad compiono il miracolo, in un’epoca di sempiterno revival, e fanno quello che Interpol ed Editors non riescono (più) a fare: mischiare il post punk e la wave – qui più dark che new – con un sintomo art rock + synth pop che lascia di stucco. La cifra stilistica pesca dai campioni ma non è derivativa (altro miracolone), anche se alla mente tornano tante cose, come il fatto che Graham sia un curioso ibrido di Simon Le Bon e Martin Gore dall’accento scottish, con le vocali arrotondate e le consonanti scivolose. Così in taluni momenti il deliquio synth-wave si palesa leggiadro e commuta il movimento in oscillazioni vellutate (The Arbor), il post punk coordinato da bassi velenosi e sintetizzatori che ingrossano gli spazi e raggelano i nervi (quelli di VTr sono gocce d’acqua semi ghiacciata che corrono sui charlie raddoppiati, mentre si accoppiano con protervia nel delirio delle chitarre feroci e gaze di Auge Maschine) e altrove la stasi elettronica si prende tutta la scena e sospende il tempo in attese aeree (Sunday Day13).

Ci sono anche muscoli stentorei e scozzesi deliri sulla droga, con le chitarre di Andy MacFarlane a far sbattere i denti ([10 Good Reasons For Modern Drugs]), ficcanti spintoni bass synth che si protendono ed estendono ingaggiando lotte intestine con lineari fraseggi ritmici (I/m Not Here [Missing Face] è il pezzo per cui Tom Smith pagherebbe svariate centinaia di sterline nel tentativo di scriverne uno anche solo metà intenso mentre Girl Chewing Gum mostra un lato maligno e sghignazzante a differenza della grandeur pop di Videograms), e folli fanfare dai toni gargantueschi in cui esplodono fuochi d’artificio epici e cannonate elettriche (Keep It All Myself).

Chi tra di voi è in estasi d’amor con tutto ciò, in attesa di un mix mortale tra il moderno sintomo spasmodico eighties e l’avvento di una creatura tanto Cocteau Twins quanto Clan Of Xymox qui troverà una terra fertile in cui accamparsi per i prossimi mesi, perché – io sia dannato se mi sbaglio – dischi come questo sono i tipici infestanti da stereo di cui non ci si libera facilmente.

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