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O.R.k. – Ramagehead

2019 - Kscope
progressive rock

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Tracklist

1. Kneel To Nothing
2. Signals Erased
3. Beyond Sight
4. Black Blooms (feat. Serj Tankian)
5. Time Corroded
6. Down The Road
7. Some Other Rainbow Part 1
8. Strangled Words
9. Some Other Rainbow


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Se avete bisogno di un disco immediato o di musica leggera da sottofondo questo ultimo lavoro degli O.R.k non fa per voi. Mi ci sono voluti parecchi ascolti per cogliere la vena creativa di questo supergruppo (membri tra gli altri di King Crimson e Porcupine Tree), la prima volta sono rimasto un po’ stranito, devo essere sincero. Succedono un sacco di cose in ogni canzone e non è permesso deconcentrarsi troppo. Ma trovata la chiave, capito quali sono i pattern espressivi che gli O.R.k hanno adottato per questo disco, allora tutto si apre, il velo di maya si dissolve per dischiudere un mondo magico e irraggiungibile. È un disco che ha tutto, armonie coraggiose, melodie soavi e strappi rock repentini e accorati, qualche spruzzo di opera, molto prog e un sacco di emotività quasi drammatica.

Rispetto a “Soul Of An Octopus” l’ambiente è più intenso, plumbeo e intimista, la personalità è decisamente più definita e lo stacco da tutte le band culto di provenienza è più marcata. Gli O.R.k si presentano come un mix esplosivo di talenti che si fonde in una sola creatura, non più un cerbero a quattro teste ma un gigante di ferro e ghiaccio con una sola volontà e una forza prorompente.

La forza del gigante è talmente smisurata che a volte può sfuggire al proprio controllo creando scenari quasi troppo sofisticati per le nostre umili orecchie umane; questo talvolta rende complicato mantenere l’attenzione sui pezzi, si ha la sensazione a volte di essere investiti da una tempesta di neve, e se i piedi non sono ben saldi al suolo si rischia di essere spazzati via. Non mi si fraintenda però, siamo senza dubbio di fronte ad un lavoro magistrale, di una professionalità e originalità rare al giorno d’oggi, un lavoro che fa bene alla musica, che strabilia l’ascoltatore e spinge tutti gli appassionati strumentisti ad superare i propri limiti per avvicinarsi alle funamboliche acrobazie dei super-quattro.

Rispetto ai suoi predecessori “Ramagehead” è più solenne, la parte acustica è stata ridotta per dare spazio ad un’intenzione più graffiante e diretta, come la traccia di apertura Kneel to Nothing, con il suo incedere deciso, i suoi larghi ambienti e la voce di Fornasari tanto tirata da ricordare le performance vocali del compianto Chris Cornell. Il pezzo in due parti Some Other Rainbow poi, con la sua delicata atmosfera, è un esempio di come gli O.R.k siano in grado di eccellere su tutti i terreni e il trasmettere un ventaglio di emozioni davvero vasto, complice anche il prezioso contributo di Eleuteria Arena – al piano nella parte 1 e al violoncello nella parte 2 – che aggiunge ancora più profondità e sentimento al brano, come se già non fosse abbastanza intenso.

Impossibile non parlare del gioiello di nome Black Blooms che vede la partecipazione di un Serj Tankian davvero in formissima: l’iconica voce del frontman dei System of A Down si sposa alla perfezione con gli ambienti ora sommessi ora altamente evocativi, ora saturi e potenti dei 4 giganti. Una menzione infine va allo splendido artwork psichedelico firmato da Adam Jones, chitarrista dei Tool, altra illustre personalità che collega il suo nome al progetto.

Gli O.R.k sono una band eclettica e di smisurato talento, la musica di questo ultimo “Ramagehead” è qualcosa di mai sentito, estremamente personale e così onnicomprensivo da essere difficilmente catalogabile in un solo genere. L’ascolto tuttavia non è semplice, a volte si rischia di perdersi nelle intricate spire musicali create dai quattro colossi; ma un viaggio che si rispetti, lo sanno tutti, deve per forza mettere alla prova chi lo intraprende. Non credo di avere parole che possano esprimere quello che proverete nel sentire questo disco, posso solo dirvi che è un’esperienza che vale la pena essere vissuta e che sicuramente non ne uscirete come ne siete entrati.

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