Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

C’mon Tigre – Racines

2019 - BDC
afrobeat / funk / soul / indie / electro jazz

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Guide To Poison Tasting
2. Gran Torino
3. Underground Lovers
4. 808
5. Behold The Man
6. Paloma
7. Quantum Of The Air
8. Racines
9. As-tu été à Tahiti?
10. Mono No Aware ????


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Di questi tempi, in cui sovranismo e nazionalismo becero sembrano la parola d’ordine soprattutto di chi tira avanti la baracca italica (vedi anche ed addirittura se si parla di musica con la proposta, permettetemi, ridicola di riservare alla produzione nazionale musicale un terzo della programmazione giornaliera radiofonica) i C’mon Tigre sono contro tendenza, non tanto per la provenienza che è quella della terra dei cachi, ma per il modo di concepire la musica e il mondo in generale.

Infatti, il duo italiano fondante ed anonimo per scelta personale, proprietario del nome del progetto, ma sostanzialmente un ensemble di più musicisti con tanti feauturing di svariate provenienze geografiche, rappresenta una band dalle sonorità decisamente cosmopolite, che canta in lingua inglese, con un titolo dell’album francese e che trae ispirazione da origini e tradizioni musicali decisamente di provenienza eterogenea in maniera intelligente, sofisticata e soprattutto qualitativamente di livello, abbracciando invece più l’idea (per fortuna) che la musica possa unire pensieri, culture e mondi differenti, cosa che poi sostanzialmente è sempre o quasi stato e sempre sarà.

Con il nuovo lavoro “Racines“, uscito a quattro anni di distanza dal loro primo ottimo omonimo album, sembrano voler addirittura ampliare lo spettro di influenze etniche che comunque ha sempre caratterizzato la loro proposta musicale. Il sound che esce da “Racines” (radici in francese) non direi che sia world music in senso stretto, ma è comunque un riuscito melting pot influenzato da sonorità provenienti da svariate zone del globo. Risulta davvero difficile catalogarlo in un genere preciso, ma sicuramente trattasi di un lavoro dal fortissimo respiro internazionale. All’interno di “Racines” si possono sentire echi di musica soul, dancehall, indie-elettro-jazz, funk, hip hop, afrobeat e musica etnica – in particolare di base dell’area mediterranea, sponda Nord Africa – il tutto però ben disposto a qualsiasi tipo di contaminazione o suggestione dal mondo e con una mentalità davvero aperta come capita raramente di sentire. Il rischio di gran casino era elevato ed invece il risultato finale è assolutamente interessante, coeso, coerente e premia l’audacia dei C’mon Tigre.

La band riesce a disegnare un ipotetico viaggio sonoro globale, quasi visivo, con la propria musica, come se gli strumenti e le note fossero dei pennelli, peculiarità ben rappresentata tra l’altro da un libretto che raccoglie opere di visual artist, fotografi, street artist e illustratori nazionali e internazionali. Insomma, è chiara in tutto e per tutto la visione del mondo a 360° del progetto. I suoni in prevalenza sintetici di “Racines” ma al tempo stesso molto caldi e a tratti quasi intimi, arricchiti da qualche inserto elettronico ad hoc, si amalgamano alla perfezione agli inserimenti acustici, come del resto era l’idea dal punto di vista strettamente tecnico musicale della band a detta loro.

Racines” inizia subito in modo rilassato con la sensuale Guide To Poison Tasting, nella quale i fiati colorano paesaggi lontani disegnati dalla voluttuosa voce per poi lanciarsi nel finale in un afrobeat elettronico. Il ritmo diventa più sostenuto dal punto di vista ritmico con Gran Torino, ma si ritorna subito su sentieri distesi con la quasi erotica e maliziosa Underground Lovers, così come la successiva languida 808. Starei quasi per versarmi un bicchiere di vino e sono super rilassato quando parte la ritmata Behold The Man che ha un gran groove ed uno stile che mi ricorda quasi gli ultimissimi Queens of the Stone Age di Josh Homme: ad ogni modo qui sono i bassi in primo piano ed il piedino non riesce a stare fermo. La successiva bellissima Paloma mi fa venire in mente vagamente i Portishead, e a farla da padrone in questo brano sono i sempre ottimi fiati con tanto di assolo di tromba che portano al finale dove sintetizzatori ed elettronica diventano i protagonisti.

Q Le super etniche e ballabilissime Racines e As Tu Été À Tahiti? non vi porteranno a Tahiti, ma forse vi faranno pensare di essere in un mercato a Casablanca e subito dopo in Medio Oriente a Beirut, quando all’improvviso delle note orientaleggianti di flauto traverso vi introdurrano alla finale intensa e quasi psichedelica Mono No Aware 物の哀れ. In questo caso mi sento di elogiare questa volta il lavoro della chitarra, sempre precisa ed evocativa ma mai sopra le righe, cosa non così comune per uno strumento di solito in primo piano, ma in questo caso però essenziale alla riuscita corale dei brani.

In definitiva, mi auguro di cuore di sentire spesso in radio girare qualche brano di “Racines“, ma non in quanto band nazionale, ma nelle vesti di egregi portatori sani globali di belle emozioni musicali adeguate alle orecchie di persone di qualsiasi etnia, cultura, religione o sesso!

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni