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Shandon – Il Segreto

2019 - IndieBox
punk-rock / ska-core

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Tracklist

1. Chissenefrega (feat. Punkreas)
2. Il Vuoto Non Basta (feat. Divi)
3. Bambola (feat. Eva Poles)
4. Independence Day (feat. Kg Man)
5. Uomo Nero
6. Sangue e Lava (feat. Seby)
7. Il Segreto (Granchio)
8. Nazional Popolare (feat. Dava)
9. Calavera (feat. Cacao Mental)
10. Boom (fear. Joe Perrino)
11. Punk Rock Show (feat. Metius, Andrea Rock)
12. Il Meglio


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È vero che il revival è una porzione importante del serbatoio della nostra attuale fruizione culturale nei più svariati campi, ed è altrettanto vero che la tentazione di calarcisi dentro a peso morto, soprattutto dopo un lungo periodo di inattività, è difficile da scacciar via.

È il caso dei redivivi Shandon, che tornano a farsi sentire con un disco di inediti (nel mezzo, un paio d’anni fa, il disco di cover “Back On Board”) a ben 15 anni da “SixtyNine”, album che fondamentalmente aveva fissato – e si credeva per sempre – quanto del (molto) buono fatto dalla band milanese per la gloriosa scena punk-rock italiana di quegli anni. Olly e soci, che di quella scena sono stati tra i più dotati, ma anche forse tra i più insofferenti alla dimensione e i più propensi a saltare al di là della barricata qualora ce ne fosse stata l’occasione, sciorinano ne “Il Destino” tutta una serie di luoghi comuni del punk rock italiano da far impallidire anche il più affezionato a quei suoni e a quei ricordi (io, per la cronaca).

Non solo, i nostri scelgono di circondarsi di ospiti, praticamente uno per brano, di ogni peso e provenienza, nel tentativo di proporre un prodotto che suonasse corale, un ricordo collettivo di un’epoca ormai andata. Il risultato è che alla resa dei conti la maggior parte dei brani pecca di personalità, assumendo il più delle volte i tratti dell’ospite in questione e oscurando di fatto la voce e il sound degli Shandon, ridotti tristemente a backing band di prestigio.

Così, tra Punkreas, Divi (Ministri), Eva Poles (Prozac +, Sick Tamburo), Seby (Derozer) e altri ancora (tra cui qualche improbabile tra cui Andrea Rock), la sensazione è di ascoltare una compilation che dovrebbe fare leva sulla nostalgia, ma che invece sembra solo stanca e non necessaria, e nella quale risulta davvero difficile trovare un guizzo interessante, sia nei testi – troppe volte al limite della più totale innocuità, pieni zeppi di gentismo e frasi fatte  –  sia nei suoni – che viaggiano lenti guardando dal finestrino di una macchina del tempo scassata a tutto quanto si suonava molto meglio in quegli anni: punk-rock, hardcore melodico, ska, ska-core, qualche intrusione nel mondo del reggae, ma in questo disco non c’è nulla che possa comunque nemmeno lontanamente incuriosire un neofita o colpire un vecchio punk.

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