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Karen O & Danger Mouse – Lux Prima

2019 - BMG
art pop / soul

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Tracklist

1. Lux Prima
2. Ministry
3. Turn The Light
4. Woman
5. Redeemer
6. Drown
7. Leopard’s Tongue
8. Reveries
9. Nox Lumina


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Strana carriera quella di Karen O: esplosa nei primi Duemila con i suoi Yeah Yeah Yeahs è riuscita ad attraversare i confini del revival garage – che per molti anziché pista di decollo è stato una vera e propria tomba prematura – proposto dalla band newyorkese fino ad attirare l’attenzione di giganti della musica altra come Trent Reznor ed Atticus Ross, James Iha degli Smashing Pumpkins e Michael Gira, che coi suoi Swans la ospitò su quel capolavoro che fu “The Seer” (solo per citarne alcuni). La bravura di miss O sta proprio nel muoversi con estro imponente in situazioni sempre differenti, forte di una voce affilata e duttile ed una mente artistica in continuo fermento.

Rimasi perciò deluso dall’ascolto di “Crush Songs”, sua prima fatica in solitaria targata 2014. Seppur nel suo modo sempre interessante di intendere la musica alternativa (e sostanzialmente lo-fi) Karen mi diede l’impressione di trattenersi non osando quel tanto che bastava per dare ad una serie di canzoni forse volutamente scariche – persin meno interessanti degli svariati singoli one shot pubblicati nel corso degli anni – quel tocco d’arte che altrove fece la sua fortuna. Qui entra in scena la sua collaborazione con Danger Mouse.

Mr. Burton è forse uno dei più prolifici ed incredibili produttori del nuovo Millennio (soprattutto nell’ambito di certa black music artsy, scettro condiviso dal sensei Dan Nakamura), capace di forgiare un suono favoloso dal peggiore dei dischi [leggi “Songs Of Innocence” degli U2, ndr] oppure rendere invincibile qualcosa già potente di suo – ad esempio Beck, Marina Topley Bird ed MF Doom. L’incontro di queste due identità, l’una investita d’asciutto minimalismo e l’altra massimalista senza sembrarlo, non poteva far altro che generare un disco di classe, atipico nella sua linearità, tanto anacronistico quanto funzionante e, dichiariamolo subito, molto bello.

Lux Prima” è una creazione ad alto voltaggio che solo in apparenza suona morbida e distesa ma che ben presto mostra le zanne, e non lo fa solo a contagiri alto. Nella quiete a colori caldi si nascondono punti di forza, ben celati su una tavolozza mite. Spesso e volentieri le composizioni ad opera del duo sembrano attingere a quell’immaginario da colonna sonora anni ’60 in cui viaggi a bordo auto spesso decappottabili portavano via molta della lunghezza della pellicola, chiamando in causa il Morricone meno sfarzoso e più languido. Strali soul si materializzano così sulle impalcature pop di Ministry e della title track, anticipata da una intro a larghe maglie progressive, frattanto le ritmiche serrano le mandibole sulla sensuale Redeemer, rifinita da chitarre tex-mexate e riverberate e in Leopard’s Tongue, penetrante risultato di quegli Yeah Yeah Yeahs spogliati da elettricità e fuzz, come in un assalto ad una fortezza di cuscini.

La voce di Karen volteggia mutevole e passa dalla frenesia della stoogesiana Woman o si fa piccola piccola tra le fila disco di Turn The Light, dando la sensazione di stare su un’altalena spinta di continuo più in alto e più forte. Drown invece esplora un po’ più a fondo il mondo delle colonne sonore, tra attimi space e calorosi spiazzi orchestrali e strambi cori distesi sullo sfondo, forte della lezione sempre valida di come trattare la materia pop impartita da Kate Bush. 

C’è solo un neo, in tanto ben di Dio: la mancanza di un pezzo capace di svettare su tutti gli altri. Purtroppo un difettuccio non così piccolo come si potrebbe credere, data la natura intrinsecamente pop di questo “Lux Prima” ed è un’altra di quelle cose volute (come la “debolezza” dei pezzi di “Crush Songs” per intenderci) capaci di mandarmi ai matti.

Lo ammetto, lo avrei voluto il singolone galattico scalaclassifiche, e sono del tutto certo che la coppia sarebbe in grado di scriverne ben più di uno, invece mi tocca accontentarmi, il che francamente mi fa piuttosto incazzare.

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