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Julian Ross – Retrospective

2018 - Silent Flow
ambient

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Tracklist

1. Mnemonic
2. Induction
3. Of
4. Lucid
5. Dreams
6. Lucid (Remix by Emilio Pozzolini)


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Retrospective“, primo progetto dei Julian Ross (che sono: Ettore Di Roberto dei Port-Royal e Andrea Comotto) potremmo paragonarlo ad un moderno spettro del padre di Amleto che giunge dalle profondità oscure del passato per svelarcene gli inganni più subdoli, le dissonanze ed assonanze, facendoci riflettere sugli intrecci e sulle “storie nella Storia”.

L’aria post-rock ed ambient su cui viaggia il disco, è onirica, onesta e soprattutto coraggiosa; perché coraggiosa? Perché in un momento storico musicale dove spadroneggia il beat/chill hop con i soliti effettucci lo-fi, mettere su un progetto musicale che invece si rifaccia alle correnti più pure dei generi menzionati è un atto di coraggio e di amore verso quello che si sta realizzando. D’altro canto, proprio perché ogni traccia in fin dei conti ci narra una storia, lasciare che il progetto fluisse liberamente nel genere ad esso più consono era probabilmente l’unico modo per fare si che “Retrospective” non fosse solo un insieme di effetti e di suoni, ma un disco con una o più anime, attraversato dal filo rosso narrativo su un passato che oggi più che mai troviamo rivivere nel presente.

Molto interessante è anche la scelta dei titoli delle tracce, che lette consecutivamente formano la frase:”Mnemonic induction of lucid dreams”, ovvero le tecniche usate per agire consapevolmente nei propri sogni. In effetti non siamo noi i protagonisti durante l’ascolto dell’album: le tracce non ci fanno pompare adrenalina, non portano al desiderio di spaccare la chitarra su un amplificatore come farebbero delle canzoni punk o rock classico. La capacità dei Julian Ross è quella di metterci nella posizione di osservatori, testimoni, forse anche sognatori nel grande incubo o visione onirica della Storia dell’umanità. Lo vivremo in estrema passività o riusciremo a diventarne protagonisti consapevoli? Ci conformeremo con chi pensa di poter esserne solamente vittima, subendola fino alla fine dei suoi giorni, o decideremo di reagire, di comporre il nostro “verso”, unico e personale (per citare Walt Whitman)?

A livello tecnico, “Retrospective” è un lavoro che trova la sua forza nello stile “artigianale”, fatto di idee, prove e cesello non tanto con l’idea di renderlo ascoltabile, nel senso di commerciale, ma che rispecchi maggiormente le idee di Comotto e Di Roberto al riguardo. Se da un lato abbiamo i classici colpi di genio, dall’altro abbiamo gli equilibri e quel pizzico di pignoleria che dona disciplina costruttiva all’ispirazione. I mezzi di realizzazione rispecchiano una scelta lo-fi ben ponderata, e che premiano il risultato finale senza però quell’inutile ostentazione che invece troviamo in altri lavori di artisti diversi.

Insomma, se questo primo disco si è rivelato davvero un piccolo gioiellino, possiamo dirci molto curiosi su cosa ci aspetti nel secondo – già in cantiere a detta del duo – sperando che nel mentre non sorgano inutili ansie da prestazione, o il fatidico “dilemma del secondo album”, dove spesso si perde il proprio spirito artistico originale “per qualche ascolto in più”. Nel crepuscolo simil-indie-confuso del bosco e del sottobosco musicale italiano abbiamo la conferma, in definitiva, che la genuinità musicale non è morta, ma anzi, forse si sta pure risvegliando.

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